Rimini. L’imprenditore Perazzini: “In Spagna ho aperto sette piadinerie e Fabio Volo mi ha fatto fare il botto”
Ha aperto la prima piadineria di Barcellona mietendo un successo tale da spingerlo a lanciare altri sei locali, che sfornavano piade al ritmo di quasi 200mila all’anno. Oggi tiene alto il nome del made in Romagna con “La piadina” ritagliandosi il tempo per volare in Italia quando la nostalgia si fa canaglia. Prima di trasferirsi in Catalogna, Emil Perazzini, che ha spento 50 candeline il 20 gennaio scorso, ha gestito per 4 anni il Beach Paradise a Riccione, oltre a Spiaggia parco acquatico e vari locali con il fratello ed altre persone. Ma non è tutto, in precedenza infatti aveva lavorato 12 anni alla discoteca Prince proprietà di suo padre e alcuni soci.
Perazzini, perché si è trasferito a Barcellona?
«Sono arrivato nel 2003 per una breve vacanza senza alcuna intenzione di rimanere».
Cosa le ha fatto cambiare idea?
«Le grandi possibilità che questa terra offriva agli imprenditori. Così mi sono preso del tempo per imparare lo spagnolo e poi mi sono messo in proprio. Allora per inaugurare un negozio bastava investire un certo capitale e firmare un foglio in municipio. Vent’anni dopo tutto è cambiato e nella penisola iberica vige una burocrazia quasi più oppressiva di quella italiana. Fino all’anno scorso poi la microcriminalità, dagli scippi ai furti di cellulari, aveva registrato un’impennata. Ora, per fortuna, va meglio».
Un fiore all’occhiello di Barcellona?
«I trasporti: mai ritardi nella tabella di marcia. Brilla anche il volontariato che non lascia indietro nessuno, tutelando i più fragili fra cui i disabili».
Torniamo alla sua avventura...
«Ho aperto la prima piadineria di Barcellona, scegliendo la zona mare. La prima estate è stata tosta per due motivi: in pochi conoscevano il prodotto iconico della Romagna e, secondo nodo, c’era la concorrenza del pane arabo sfornato da turchi e pachistani. Non mi sono arreso, però, e il tempo è stato galantuomo. La nostra è una pausa pranzo ideale: veloce, gustosa e dal prezzo democratico viaggiando sulla media di sei euro. Va forte anche il take away. E ogni piada reca il nome di una città italiana, in primis quelle romagnole».
Trova dipendenti con facilità?
« Al momento, nei lavori manuali, si conta soprattutto sulla disponibilità degli immigrati dal Sudamerica».
Il prodotto spagnolo che si sposa al meglio con la piada?
«Il prosciutto locale che esiste in moltissime varianti».
Chi ha apprezzato per primo questa specialità romagnola?
«I surfisti e gli studenti universitari ma il boom si è registrato dopo che Fabio Volo, scrittore, attore e protagonista del piccolo schermo, è venuto a trovarmi. Da quel momento sono iniziate le partecipazioni a vari programmi tv mentre fioccavano interviste sulle principali testate spagnole. Il bello è che non ho santi in Paradiso e non ho chiesto niente a nessuno. La meritocrazia, lo sottolineo, qui esiste davvero. Oggi passano da queste mura, che ho rimesso a nuovo durante la pandemia, anche i principali politici della città. Nel tempo ho aperto sei locali in città, dopodiché ho venduto tutto salvo un locale vicino a casa, che resta aperto da mezzogiorno a mezzanotte, contando dai tre ai quattro aiutanti, a seconda della stagione. Avevo programmato di tornare a Riccione ma poi ci ho ripensato: gli inverni laggiù sono troppo lunghi. Detto questo, le mie origini restano molto importanti per me. Oggi ho 55 metri quadri che a suon di piade sono un inno alla mia Romagna».
All’epoca della catena di locali quante piade vendeva in un anno?
«Circa 90 piade al giorno per locale. Ovvero, calcolatrice alla mano, 32.400 all’anno. Un numero che, moltiplicato per tutti i locali fa 194.400. Se non è record, poco ci manca».
Cosa ama della Catalogna?
«La natura selvaggia incorniciata dall’azzurro del mare, ma anche una storia antichissima testimoniata da splendidi monumenti».
Qualche difetto dei catalani?
«Si tratta di un popolo fiero e chiuso ma non scevro da contraddizioni. Un esempio? Invocano l’indipendenza dalla Spagna e, in aperta opposizione al sistema, scrivono sui muri “Turisti, tornatevene a casa” salvo poi affittare loro tutti gli appartamenti disponibili».
Una strategia da esportare in Romagna?
«Gli operatori del turismo catalano fanno squadra con le associazioni del territorio e organizzano feste di quartiere tutto l’anno che, macinando eventi per tutti i gusti, accordano grande attenzione anche agli anziani».