Rimini, l’appello del missionario in Africa: “Siccità senza precedenti, aiutateci”
«Lo Zimbabwe nella morsa della siccità: aiutateci». Si appella al grande cuore di Rimini l’ospedale missionario di Mutoko, città della provincia africana nel Mashonaland orientale. Il Paese ha già dichiarato lo stato di calamità e la missione di “All Souls”, guidata dal missionario riminese Massimo Migani, corre ai ripari.
Dottor Migani, come va a Mutoko?
«Una forte siccità si è abbattuta sul Paese sin dal mese di maggio. La stagione delle piogge, che di solito va da ottobre a aprile, ha registrato un andamento anomalo in quasi tutta l’Africa australe a causa del fenomeno meteorologico noto come El Niño, che provoca un incremento della temperatura delle acque dell’Oceano Pacifico, con contraccolpi in tutto il pianeta. Da quando vivo in pianta stabile qui, circa 14 anni, non ho mai visto fiumi così prosciugati. Per quanto prevista, la siccità si è scatenata con un impatto terribile su una zona già scarsamente piovosa come la nostra. Le conseguenze? La popolazione non riesce più a coltivare i prodotti di prima necessità e deve acquistarli, vedendo inasprire la miseria. Ecco perché nel luglio scorso è partita l’idea di costruire pozzi comunitari, profondi sino a 80 metri e sigillati. Più della metà dei villaggi non ne possiede neanche uno».
Come può aiutarvi Rimini?
«Chi vuole dare una mano, può effettuare una donazione alla Fondazione Marilena Pesaresi. L’ospedale è riuscito a coinvolgere nel progetto sia la comunità italiana che le autorità locali. Ma trivellare un pozzo e fornirlo di una pompa manuale costa 4.000 euro. Detto questo, l’obiettivo è di realizzarne 14 ma qualcuno in più non guasterebbe (sorride, ndr) tenendo presente che scavare un pozzo equivale a gi ocare al lotto, nonostante la tecnologia a disposizione».
Tornando all’ospedale, quanti sono i pazienti curati nel 2023? E nel 2024?
«Nel 2023 abbiamo registrato circa 23mila accessi. Dati che quest’anno sono in crescita di 1.700 unità grazie alla clinica mobile che fa risparmiare tre dollari per l’autobus e tanta strada ai pazienti portando anche farmaci di base. Ogni settimana, dal marzo scorso, una squadra composta da oculista, assistente odontoiatrica e varie infermiere fa visite a scuole e cliniche satellite. Questo porta anche a prenotazioni per interventi di chirurgia della cataratta svolti circa 3 volte l’anno presso l’ospedale. Un impegno a cui si unisce il progetto per la salute orale con screening e campagne di prevenzione senza dimenticare le terapie domiciliari di un terapista dedicate anche ai cittadini disabili. Ma non solo. Nella clinica mobile è spesso presente un’infermiera addetta alle vaccinazioni. Sino al settembre 2024 abbiamo avuto 19mila accessi e la proiezione prevede di giungere a 25mila entro fine anno».
Quanti bambini sono nati nell’ospedale?
«Sono 549, cioè un po’ meno dei 619 del 2023 ma arriveremo presto a 700. Negli ultimi anni con il gruppo Geo (Gestione emergenza ostetriche) con cui collaboriamo dal 2019 e mediante un progetto finanziato da Rotary Rimini e Bergamo siamo riusciti a ridurre la mortalità perinatale alla metà della media nazionale del Paese e questo è un dato molto importante».
Come va la formazione del personale locale?
«Da qualche anno formiamo infermiere e ostetriche con una scuola riconosciuta dal governo. Il programma biennale per infermiere ha visto due delle nostre studentesse insignite, l’una della medaglia d’oro e l’altra di quella di bronzo».
Un progetto avviato nel 2024?
«Stiamo lavorando su un piano strategico per elaborare il rinnovamento del parco di pannelli solari. Due le finalità: sostenibilità maggiore e l’abbattimento dei costi da sostenere. Un esempio? Il costo energetico dell’ospedale tra energia elettrica e carburante per i generatori ammonta a 90mila dollari all’anno».
Un sogno da realizzare nel prossimo anno?
«Si aggancia al piccolo miracolo a cui già assistiamo. La premessa è che in Zimbabwe sorge anche un altro ospedale, il Saint Albert legato alla figura di Luisa Guidotti. Stiamo valutando se è possibile unire le forze per riportare la chirurgia a 360 gradi in entrambe strutture. L’équipe della professoressa Micaela Piccoli di Modena arriverà a stretto giro assieme a un carico di apparecchiature per consentire operazioni in laparoscopia. La speranza è che queste eccellenze tornino a intervalli regolari per collaborare con noi, facendo rete. Il tutto grazie al sostegno di diverse comunità e di tanti luminari da varie parti d’Italia. Cosa auspichiamo per i due ospedali governativi? Medicina territoriale, cure primarie con particolare attenzione alla salute materna e infantile oltre che accesso alle cure specialistiche, in primis per servizi chirurgici di vario tipo. Un lavoro da condurre in sinergia con le zone rurali e i due ospedali missionari rappresentati da noi e dal Saint Albert. Non è un sogno campato per aria e se sogniamo in maggior numero diventerà realtà. A unire non sono infatti i muri ma i ponti lanciati con speranza, anche a distanza inaudita e contro ogni ragionevole previsione».