Rimini. “Io, truccatrice delle star, da Ramazzotti alla Nannini, da Juliet Binoche ad Angelina Jolie”

«Da Sharon Stone e Carla Bruni a Juliette Binoche e Angelina Jolie. Con il trucco svelo l’anima delle persone». Parola della make up artist Cosetta Giorgetti nata nel 1965 a Bellaria Igea Marina.
Giorgetti perché ha scelto il mestiere di truccatrice?
«Adoravo truccare sia le bambole che le mie amiche ma ignoravo che si potesse vivere grazie al make up. Finché mia sorella, che era divenuta modella, cominciò a portare a casa personaggi della moda. Così, durante una festa, un art director prese mia madre da parte facendole presenti le mie doti. La mia passione era il canto ma seguii il consiglio trasferendomi a Firenze, che mi sembrò una metropoli, per studiare in un’Accademia che ora non esiste più. Lì ho capito cosa volevo fare nella vita: mia madre mi rassicurò dai dubbi lasciandomi libera di scegliere».
E poi?
«Sono diventata l’assistente di Maurizio Ragazzini, noto truccatore teatrale prima di trasferirmi a Milano nel 1989. Non conoscevo nessuno ma nella gavetta l’intraprendenza romagnola ha fatto la differenza. Ho scelto la strada della precarietà e all’inizio il telefono squillava poco. La mia generazione, lo dico senza polemiche, ha sdoganato un mestiere che sembrava esclusiva dei truccatori gay».
Lo spirito romagnolo le ha evitato guai?
«Sono goliardica e empatica ma ho sempre dribblato gli eccessi. Mai avuto paura di dare uno schiaffone al bisogno, sebbene non mi sia mai trovata in imbarazzo. Truccare la pelle altrui significa entrare nel primo cerchio vitale di qualcuno, e quindi conoscersi a vicenda. Scherzo e lavoro con la musica, ma nell’ambiente mi chiamano la Giorgetti, non Cosetta. Detto questo, sfatiamo l’idea che il mondo della moda vada a braccetto con il vizio».
Clienti famosi?
«Angelina Jolie che ha tutta la gentilezza delle anime travagliate. E Sharon Stone giunta a Milano come madrina di un’associazione ma senza truccatore personale al seguito. Dovevo stare con lei solo un giorno e alla fine sono rimasta una settimana. Mi avevano messo in guardia dicendo che non era simpatica. Entrando nella stanza ho pensato che era bellissima e lei, ancora in accappatoio, mi ha squadrato uscendosene con “Wow, you’re so beautiful!”. Così le ho chiesto se poteva ripetere la frase e registrarla sul telefono per mia madre che mi paragonava spesso a lei, della serie “Ogni scarrafone è bello a mamma sua”. Alla fine siamo entrate così in sintonia che mi ha letto poesie legate al tempo che passa insistendo sulla profondità dell’esistenza. Il tempo è relativo anche per me: sono un’eterna Peter Pan. Vivo con i piedi per terra in mondi paralleli tra gioielli degni di Liz Taylor, abiti favolosi, ville e auto blu».
Un ricordo di Eros Ramazzotti?
«L’ho seguito per dieci anni. Un giorno eravamo in Marocco per girare un suo video e lui portava un copricapo nero con un drago rosso che adoravo. Finite le riprese, è venuto verso di me e infilandomi il cappello in testa ha detto “Adesso è tuo”».
E Gianna Nannini?
«È una grande creativa, ma anche una persona autentica con la fragilità di un bambino».
Ha una sua linea?
«Sí, è fondata su prodotti biologici e certificati, realizzati in Italia con cura artigianale mettendo al bando elementi chimici e sprechi».
Cosa ricorda di una seduta di trucco?
«Non le imperfezioni che per non esistono. E neanche il make up. Nel mio mestiere creo maschere che svelano le persone dopo averle capite. Ora i giovani scartabellano su Google prima di incontrare un cliente. Un tempo invece la seduta era preceduta da scambi e dialogo».
Una sposa?
«Michelle Hunziker quando, nel 2014, ha detto sí all’imprenditore Tomaso Trussardi. Truccarla è stato il mio regalo di nozze».
Un rammarico?
«Non aver mai truccato Raffaella Carrá cresciuta come me a Bellaria. Sua madre diceva che assomigliavo all’attrice Kim Novak e che, proprio come la sua Lella, non ero fatta per vivere in un paese».
Le bambine si truccano sempre prima, cosa ne pensa?
«È il risultato della “non cultura” di questo momento storico. Per noi il trucco era l’occasione per studiare un’epoca attraverso foto, libri o film. Oggi invece conta apparire omologandosi a suon di tutorial. Quando donne bellissime che non si truccano mi chiedono consigli rispondo che non farei nulla salvo correzioni minime. Il trucco in sostanza è un accessorio che bisogna saper portare proprio come i tacchi».
La nostra società accetta l’invecchiamento?
«Avvantaggia gli uomini consacrandoli come affascinanti anche in ragione di cappelli brizzolati e rughe. Al contrario una donna di 40 anni viene bollata come vecchia. Un sistema, questo, che si riflette anche nel mondo del lavoro. Tuttavia chi rinuncia a ritoccarsi diventa un’icona come la top model Benedetta Barzini o l’attrice Monica Guerritore. Al contempo negli ultimi 10 anni si è allargata l’inclusivitá grazie a modelle curvy o più adulte, tutte con imperfezioni in primo piano».