Rimini, il direttore di EducAid: “Da Gaza ci arrivano messaggi terrificanti”
«La situazione nella Striscia di Gaza sta precipitando di ora in ora». Lo racconta Riccardo Sirri, direttore di EducAid, organizzazione non governativa, riconosciuta dal Ministero per gli Affari esteri, che opera da 23 anni nel settore della cooperazione internazionale per lo sviluppo in campo socio-educativo.
L’organizzazione, con sede a Rimini, ha come focus la promozione e il rispetto dei diritti umani con particolare attenzione ai diritti dei disabili e delle minoranze. E in questi anni ha sviluppato, tra gli altri, anche progetti in Palestina - Cisgiordania e Gaza.
Il direttore di EducAid
«Quello che si sta perpetrando da sabato notte è terribile. Il nostro osservatorio è quello dei nostri colleghi rimasti a Gaza, da cui arrivano messaggi terrificanti». Si è riacceso il conflitto in maniera efferata, tra Palestina e Israele, in particolare nella Striscia di Gaza, dove si sta verificando un forte assedio, e chi paga le conseguenze è sempre la società civile, i più deboli che pagano per le nefandezze altrui. In questa piccola enclave, chiusa ai confini, con uno sbocco sul mare, EducAid ha un ufficio e un centro per persone con disabilità. A Gaza operano presso il Centro per la Vita, struttura indipendente che ha sede nell’area dove ci sono tutte le organizzazioni di aiuto umanitario internazionale e quindi teoricamente più sicura rispetto ad altre, ma nella Striscia non ci sono espatriati. I colleghi italiani fanno capo agli uffici di Ramallah in Cisgiordania, ma sono state attivate le procedure di sicurezza e tutti lavorano da casa.
Sirri, qual è la situazione? «Quello che si sta verificando è qualcosa di spietato, è un crimine contro l’umanità, 150mila sfollati a cui prestare soccorso è difficile», esordisce il direttore piuttosto provato e commosso da quello che riferiscono i suoi collaboratori, presenti nella sede degli uffici di Gaza City.
«Schieratevi con le vittime»
Una delle poche voci che si sono alzate da una narrazione a senso unico è stata quella di Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i territori occupati – prosegue Sirri – che esorta a non schierarci da una parte o dall’altra, ma dalla parte di tutte le vittime. Cosa che è mancata in questi giorni sui media: c’è quasi solo una parte. Capisco che sia più facile immedesimarsi nell’attacco ad una società che è più vicina alla situazione occidentale; è vero che l’attacco barbaro di Hamas è da condannare, ma è il frutto di decenni di mancata mediazione da parte della comunità internazionale. E il popolo palestinese è stato lasciato solo davanti alla negazione di uno Stato. In particolare Gaza vive una situazione di embargo, in cui pochissimi generi alimentari possono entrare, beni e servizi, poche persone hanno possibilità di uscire dalla Striscia, ma si tratta di una minoranza. E di una striscia di terra veramente microscopica di circa 360 chilometri con due milioni e trecentomila persone chiuse lì dentro. In questi giorni, a queste persone sotto i bombardamenti, viene negato tutto: acqua, cibo, medicine. Quindi quanto meno io mi aspetterei che di fronte alla mancata componente diplomatica di questi anni, oggi ci si sforzasse di trovare una soluzione. Dal 2009 ad oggi ci sono state 4 guerre e questa volta sembra si voglia fare tabula rasa. I tagli dei fondi all’emergenza creeranno altra emergenza, una punizione collettiva cosa può portare?».
«Attacco estremo»
Tra i collaboratori di EducAid, chi può, ha cercato di uscire per andare in Egitto, ma il valico di Rafah per arrivarci è stato bombardato, non ci sono più zone sicure. «La nostra attenzione è rivolta alle vittime civili. Abbiamo amici e collaboratori che vorremmo non fossero lì, perché rischiano la vita ogni minuto. Sono in gabbia con un embargo totale annunciato: una situazione terribile. Sono venti anni che seguo questa area, ma una cosa così estrema, non è mai capitata prima». Gli operatori del luogo hanno subito lutti, come il coordinatore e la direttrice di EducAid, alcune delle persone con disabilità che collaborano col centro sono cadute sotto i bombardamenti. Come si può sperare che dalla violenza nasca qualcosa di buono? «Per generazioni cresciute nell’odio, l’unica strada è dare delle prospettive».