Rimini, i sapori della vecchia Romagna nel piatto: in centro arriva “Piscialetto”, l’osteria della tradizione
I sapori della Romagna di un tempo lontano sono ormai poco più che un ricordo, un’immagine evocata dai discorsi in dialetto dei nonni che rammentano gli anni della loro gioventù. Ma chi avesse il desiderio di scoprire che sapore avevano quei piatti di cui ha sentito parlare nei racconti della Romagna prima del boom economico oggi può riempirsi la pancia di quelle antiche prelibatezze. “Piscialetto”, dal nome del gioco delle carte, a richiamare convivialità e risate, è la nuova osteria che aprirà a breve, entro la metà di dicembre, in via Cairoli, prendendo il posto dei locali occupati fino a poco fa dal ristorante Magnuga e il bar attiguo. A portare avanti la bandiera con stampato il gallo cedrone è la 26enne Chiara Masi insieme a tutta la sua famiglia: il babbo Giovanni e il fratello Samuele, mentre la mamma Simona e la sorella più piccola, Maddalena, manterranno i loro impegni in albergo e sui banchi di scuola. Una nuova apertura nel centro storico in rotta di collisione con il concetto del food gourmet e che promette di portare l’antica Romagna nel piatto, ma anche nel bicchiere.
Le specialità
A spiegare che cosa si potrà gustare da Piscialetto è Chiara, snocciolando piatti che in alcuni casi sembrano ripescati con la macchina del tempo. «Ci saranno gli “orcioun” (dal dialetto “orecchioni”) una sorta di mezzelune chiamate così perché ricordano un orecchione, o le “cantarelle” una specie di pancake senza lievito che hanno questo nome perché cuocendo sul testo iniziano a fare le bollicine, a “cantare” appunto».
Tra le altre specialità, anche l’immancabile bustrengo, «un dolce tipico della Romagna, dalla consistenza simile a quella di una torta bagnata, fatto con la farina gialla della polenta e con i fichi secchi o altra frutta secca». Ma ci sarà anche il pancotto, «una zuppa di pane raffermo che veniva cotto per tanto tempo insieme al formaggio, che pian piano si scioglie e diventa una zuppa». Tra i secondi piatti, immancabile, la trippa, ma anche il «galletto in umido, la salsiccia con la cipolla, i “gobbi” (i cardi, ndr) con le costine e il salame matto, e nelle tagliatelle col ragù, per farle proprio come si facevano una volta, noi ci mettiamo anche i fegatini, così che il sugo abbia un sapore ancora più forte».
Il bere romagnolo
Il ristorante sarà aperto sia a pranzo che a cena, ma anche all’aperitivo, perché, come spiega Chiara, «anche i drink che serviremo saranno tutti a tema Romagna, usando, al posto dell’Aperol o del Campari, un bitter romagnolo come il Vermuth prodotto da cantine locali e distillerie della zona. E per fare il Paloma, ad esempio, visto che la tequila può essere prodotta solo in Messico, usiamo le pesche di Cesena al posto del lime».
Del resto, l’avventura in procinto di iniziare è tutta made in Romagna. La famiglia di Chiara, infatti, è tutta riminese o al massimo riccionese, sia da parte di madre che di padre. E l’idea del ristorante è nata proprio perché l’albergo di famiglia, che nessuno aveva intenzione di mandare avanti, è sempre stata una presenza importante, «che ci ha trasmesso il valore di avere qualcosa di nostro, e questa idea si è rafforzata ancora di più con il Covid. Così, l’idea di un’osteria romagnola è venuta da sé, trainata anche dall’obiettivo di dare spazio ai prodotti delle aziende locali, per un menù sempre dinamico e per nulla gourmet».
Riproduzione riservata