Rimini. Giornata mondiale della prematurità, Gina Ancora, direttrice della Tin: «Il mio cuore per i bambini prematuri che abbiamo riportato con fatica alla vita»

Rimini

Le iniziative per la Giornata mondiale della prematurità, in calendario il 17 novembre di ogni anno, sono cominciate a suon di musica con la recente visita del cantante Blanco alla terapia neonatale dell’ospedale “Infermi” di Rimini. Uno sguardo profondo, il suo, sulla fragilità e la vulnerabilità dei bambini nati prematuri. «Se i vostri figli devono passare attraverso tutto questo, vuol dire che sono destinati a grandi cose», ha detto l’artista ai genitori presenti.

Ma quali sono stati i progressi maggiori fatti dalla Tin in questi anni? Lo chiediamo alla dottoressa Gina Ancora, direttrice della Tin di Rimini.

«È migliorata - premette - la sopravvivenza dei neonati anche molto piccoli, anche con peso alla nascita sotto i 750 grammi, grazie agli avanzamenti tecnologici e culturali della scienza neonatologica. Ciononostante un numero significativo di bambini nati pretermine manifesta bisogni educativi speciali a scuola, può sviluppare disordini dello spettro autistico e avere maggiori difficoltà relazionali o cognitive. Criticità legate non alla mancanza di adeguate cure intensive ma allo stress vissuto nelle Tin da bambini e genitori. La scienza dimostra che se si permette ai genitori di stare accanto ai propri bimbi, di effettuare il contatto pelle pelle (marsupioterapia) anche nei neonati di peso inferiore al chilo, di essere coinvolti sin da subito nelle cure in Tin, nonché di allattare i propri piccoli, i bambini raggiungono in futuro migliori risultati accademici, migliori punteggi cognitivi e con minori problematiche psichiatriche».

Una priorità per il futuro?

«Mantenere una collaborazione stretta tra professionisti e associazioni di genitori per aprire in modo diffuso le Tin in tutta Italia ai genitori. Ma anche progettare terapie intensive neonatali che prevedano spazi per consentire alle famiglie di stare accanto ai propri neonati per rispettare un diritto, legalmente sancito. Così sarà possibile perseguire l’obiettivo dell’accesso a cure di qualità ovunque che è il messaggio principale della campagna della giornata mondiale della prematurità 2024, portata avanti a livello europeo ed a livello italiano da parte della Sin (Società italiana neonatologia) e di Vivere Ets. A livello locale siamo supportati dall’associazione “La prima coccola” e da Marta Fabbri di Marlù gioielli che ha sostenuto un progetto di sensibilizzazione su questo tema attraverso la realizzazione di un podcast intitolato “Siamo tutti prematuri” e disponibile su Spotify. Con l’associazione condividiamo l’obiettivo di ampliare gli spazi per le famiglie in ospedale o in stretta adiacenza».

È la prima donna eletta della Sin dopo 30 anni. Come la fa sentire questo traguardo? E come è riuscita conciliare carriera e famiglia?

«La carica è uno strumento utile per portare avanti un lavoro condiviso con tutto il direttivo della Sin, in piena sintonia con il presidente, professor Massimo Agosti, sulla diffusione degli standard assistenziali europei per la salute neonatale. L’obiettivo? Ridurre le diseguaglianze e favorire l’equità delle cure a tutti i neonati, ovunque essi nascano. Una meta, questa, che continua a farmi sentire motivata e responsabile. Quanto alla conciliazione fra lavoro e vita privata, ha sempre a che fare con la necessità di non risparmiarsi mai, di darsi priorità sempre molto flessibili e di recuperare rapidamente le energie, oltre alla spinta a centrarsi sempre su ciò che motiva il nostro stare al mondo, nonché di essere misericordiosi con se stessi e con gli altri. Che per me vuol dire facilitare, dalla mia posizione, la vita delle persone che incontro».

Un consiglio per chi volesse intraprendere il suo percorso?

«Non smettere mai di imparare dal punto di vista tecnico e comunicativo-relazionale. Ma anche prendersi cura di se stessi come persone e di quelle che abbiamo accanto, che siano i nostri familiari, i nostri colleghi o i nostri pazienti. Ciò può aiutare a creare relazioni che sono il vero antidoto alla fatica e allo stress di questa professione».

La storia che le è rimasta nel cuore?

«È impossibile averne solo una, il mio cuore è pieno di storie di bimbi riportati faticosamente alla vita e di momenti di condivisione con equipe o genitori. Istanti di densità, relazione e sostegno reciproco durante le cure palliative. Per tutto questo ringrazio l’equipe, i colleghi, i genitori e i bambini».

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