Rimini Ecco l’aiuto regista che lavora a Hollywood con Hoffmann, Hopkins e Al Pacino

Rimini

A Hollywood ha lavorato con Dustin Hoffmann, Anthony Hopkins e Al Pacino ma sogna di tornare nella sua Rimini per girare un film con Fabio De Luigi. Parola del 52enne, Marco Bargellini.

Bargellini, è sempre stato appassionato di cinema?

«Da bambino costruivo set cinematografici con i Lego e negli anni Novanta filmavo di continuo gli amici. Supplicai i miei genitori di accompagnarmi alla Fiera a vedere King Kong, l’opera realizzata da Carlo Rambaldi. E forse era destino che finissi dietro una macchina da presa perché i miei nonni avevano casa a Cinecittà. Da piccolo spiavo quel paradiso dalle fessure finché ne ho varcato la soglia per lavorare nel reparto macchine da presa. Il primo film era “My name’s Tanino” per la regia di Paolo Virzì, protagonista Rachel McAdams. Crescendo mi sono poi trasferito a Milano e a Torino per entrare nel mondo della pubblicità come aiuto regia, ma dopo l’attacco terroristico dell’11 settembre 2001 è iniziata la crisi del settore».

Come ha reagito?

«Su consiglio di mio padre, che era colonnello dell’Aeronautica militare a Rimini, divenni assistente di volo».

Quando ha voltato pagina?

«Due giorni prima di partire per Los Angeles con il mio miglior amico. È stato allora che ho incontrato la donna che oggi è mia moglie e la madre di nostro figlio, Nicolò. Galeotto fu un volo di linea diretto in Sicilia. Era il 2008. Gina Zappala, questo il nome della mia dolce metà la cui famiglia vanta origini italiane, rientrava da un viaggio nell’isola. Mi disse “Quando verrai a trovarmi,ti faró da cicerone”. Tempo 48 ore e ero in California. Da lí è iniziata una storia a distanza, fino a quando nel 2009 Gina è rimasta incinta e si è trasferita a Torino. Il 90% di chi vive a Los Angeles lavora nel cinema e lei non faceva eccezione. Il suo campo era il montaggio».

E dopo?

«Nostro figlio è nato a Los Angeles ma non è salito in aereo finché i suoi timpani non si sono formati a dovere. Dopo due mesi siamo tornati in Piemonte per un anno prima di stabilirci, alla fine del 2010, negli States. In Italia non si scorgevano grandi prospettive, Gina doveva rientrare al lavoro e il mio desiderio restava nel cassetto. Così un giorno mia moglie mi ha guardato negli occhi e mi ha pungolato: “Perché non ci provi?”».

Come l’ha presa la sua famiglia?

«Mio padre è scomparso quando lavoravo ancora per Alitalia, mentre per mia madre che è morta quattro anni prevaleva la gioia di vedermi realizzato. Ricordava spesso che la mia prima parola era stata “mamma” ma la seconda “cinema”. Ogni volta che sprofondavo nella poltroncina davanti al maxi schermo varcavo le porte di altri mondi».

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