Rimini, denunciato 7 volte dalla moglie e sempre assolto: “Persecuzione giudiziaria”

Rimini
  • 17 ottobre 2024

Denunciato sette volte da ex moglie e figli e sempre assolto. Al centro di quella che ha definito una «persecuzione giudiziaria», un 55enne, architetto, originario di Macerata Feltria ma residente da anni nel Riminese. Professionista e benestante: negli anni ha pagato alimenti ed avvocati perché, dalle sette denunce penali dal 2014 in poi, ha avuto sulle spalle altrettante cause per la separazione e il mantenimento dei figli.

L’ultimo processo

L’ultima sentenza in ordine di tempo è stata depositata ad ottobre dal Tribunale collegiale di Rimini composto dai giudici Fiorella Casadei (presidente), Margherita Brunelli e Francesco Pio Lasalvia. Difeso dall’avvocato Stefano Caroli, il 55enne è stato assolto perché il fatto non sussiste da un’accusa davvero infamante: quella cioè di aver violentato la figlia quando aveva appena 10 anni. Un’accusa che la ragazza, oggi ventenne, aveva formulato anni dopo la separazione dei genitori, avvenuta nel 2014. Secondo le accuse della ragazza, quando aveva tra i 9 e 10 anni il padre avrebbe tentato di avere rapporti sessuali sotto la doccia. Contestazioni che il padre aveva sempre negato e che imputava alla rabbia della ragazza istigata dalla mamma. In effetti la migliore carta della difesa è stata proprio quella di richiamare le precedenti indagini e denunce sporte dalla ex moglie nei confronti dell’uomo. Per la precisione sette per svariati reati, come lesioni personali, violazione degli obblighi di mantenimento familiare, stalking, maltrattamenti in famiglia e per mancato versamento degli assegni familiari. A queste si aggiunge una denuncia nei confronti dei genitori dell’ex marito che la moglie avrebbe presentato per chiedere il pagamento di spese straordinarie per mantenimento dei figli alle quali l’architetto non riusciva a far fronte.

Il verdetto

Insomma, una guerra aperta da almeno 10 anni che ha portato i giudici del Tribunale collegiale di Rimini a dichiarare che «tuttavia in tutte le dette vicende i processi si erano sempre conclusi con pronunce favorevoli all’imputato - si legge in sentenza -, sulla base prevalentemente della inattendibilità della persone offesa, la cui dichiarazione risultava minata soprattutto dalla accesa conflittualità sorta a seguito della disgregazione del nucleo familiare».

Accesa conflittualità che sarebbe poi stata spostata sulla figlia per cui la giovane aveva denunciato il padre di violenza sessuale.

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