Rimini, delitto di Pierina: la credibilità di Manuela e le due versioni contrastanti sulla mattina dopo il delitto

Rimini

Potrebbe decidere alla fine di questa settimana lavorativa il gip Vinicio Cantarini a cui i difensori di Louis Dassilva hanno presentato istanza di scarcerazione in seguito alla caduta dell’indizio principale a carico del senegalese: la cam3. Ma nello stesso giorno in cui la perizia del consulente del gip spiegava che il filmato della telecamera della farmacia non poteva aver ripreso Dassilva la sera dell’omicidio di Pierina Paganelli, il 3 ottobre del 2023, contro il senegalese si abbatteva una nuova valanga accusatoria. Manuela Bianchi, dopo essere stata indagata dalla Procura per favoreggiamento, ha come noto ammesso di aver visto Dassilva la mattina del ritrovamento del cadavere nel garage di via Del Ciclamino.

L’uomo, in carcere dal 16 luglio, l’avrebbe avvisata di non spaventarsi perché c’era il corpo di una donna dietro la porta tagliafuoco nel vano ascensore. Si è aperta così tutta un’altra partita processuale perché la donna è stata sentita per tre giorni in incidente probatorio dallo stesso gip Cantarini che ha preso tempo per decidere sulla scarcerazione di Dassilva. E’ un processo complicato quello che si inizia a delineare, così come è stata complicata l’indagine della Squadra mobile di Rimini che, in un anno e mezzo, ha dovuto ascoltare centinaia di ore di intercettazioni e ha potuto contare solo su verifiche tradizionali essendo venute meno tutte le prove scientifiche ad iniziare da quella del dna.

Ricostruzioni diverse

Sabato scorso sia gli inquirenti della Procura, sia gli avvocati delle parti, hanno depositato atti o memorie difensive per chiarire al gip Cantarini le posizioni degli assistiti.

Per i difensori del senegalese, gli avvocati Fabbri e Guidi, Manuela non avrebbe detto il vero quando dichiara che Louis la mattina del 4 ottobre è nel sotterraneo che la attende. Nella loro lunga memoria difensiva, 160 pagine, spiegano quindi che la cam 3 non riprende Louis che scende lungo la rampa del garage quella mattina «per cui da dove sarebbe passato?», si chiedono.

Per la difesa del senegalese l’unica via d’accesso possibile sarebbe stata solo dalla porta tagliafuoco. «Che è a molla, e quando si chiude fa rumore. Anche forzando la porta non si chiude, ma col meccanismo a molla fa uno scattino finale e genera un rumore. Vi è traccia di un rumore compatibile con la chiusura di una porta tagliafuoco nella consulenza di parte dell’accusa? No, non vi è traccia. Da dove è passato quindi Louis per incontrare la mattina del 4 Manuela ? Non vi sono altre vie». Il riferimento dei legali di Dassilva è all’audio della videocamera del vicino di garage che ha registrato le urla della vittima la sera dell’omicidio e i tutti i rumori della mattina del ritrovamento. «E non è l’unico rumore che non viene rilevato nella consulenza della Procura - concludono Fabbri e Guidi -. Inoltre risultano molte incongruenze nella ricostruzione della Bianchi sui cocci di vetro a terra. La versione cambia sistematicamente a partire dalla telefonata al 112 sino ad arrivare alla versione data in incidente probatorio. Che è una versione che lascia perplessi», conclude la difesa di Dassilva.

I legali dei figli di Pierina

Di diverso avviso gli avvocati della famiglia di Pierina, Monica e Marco Lunedei che, interpellati sul punto, spiegano che è «la macchina di Manuela (oltre ad altri rumori) a coprire per un minuto abbondante il supposto “scattino” della porta tagliafuoco, quando Louis scende. È invece ben individuabile quando apre la tagliafuoco per risalire e collima perfettamente con quanto riferito da Manuela e con gli altri elementi cardine a disposizione nell’indagine. Quanto riferito dalla signora Bianchi trova ulteriori riscontri esterni ed oggettivi negli atti di indagine», dicono gli avvocati Lunedei. «A titolo esemplificativo - spiegano i legali della famiglia di Pierina - , Manuela dichiara di non essere mai salita, la mattina del 4 ottobre 2023, oltre il primo piano (e di non essersi quindi mai recata fino al terzo piano a chiamare Dassilva, come lui invece ha sempre affermato (da ultimo in carcere di fronte al gip nel marzo scorso) e tale circostanza è confermata dal numero di passi registrato dal cellulare della Bianchi che indica meno della metà di quelli necessari ad arrivare al terzo piano. Quindi lei si è fermata al primo. Già numerosi dubbi erano sorti al riguardo nel momento in cui lo stesso Dassilva era sempre stato piuttosto vago sulla circostanza di tale presunta chiamata e quanto da lui riferito - concludono - contrastava già con i dettagli forniti al tempo dalla Bianchi»

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