Rimini. Con lo zaino in spalla in Cambogia. “Così aiuto i bambini a sopravvivere”
Dedicare pezzi della propria vita per aiutare gli altri, in contesti molto differenti rispetto a quelli a cui siamo abituati tra i confini nazionali o europei. Una scelta che si lega a una passione, quella del viaggio in solitaria con l’obiettivo di lasciarsi permeare dai Paesi in cui ci si trova ospite, vivendo a stretto contatto con i luoghi e le persone che si incontrano sul proprio cammino. Melania Cutillo è arrivata in Cambogia il 10 gennaio per aiutare una realtà che si occupa dei bambini rimasti orfani. Ci rimarrà fino a metà febbraio, quando poi rientrerà in Italia. «Ho 40 anni compiuti - racconta - e non bisogna mettersi dei limiti per essere felici. A casa sono educatrice, vivo a San Giovanni in Marignano. Quando sono in Italia lavoro in una comunità per minori a Montefiore Conca».
Perché è in Cambogia e cosa sta facendo in quel Paese?
«Sono qui, insieme ad altri volontari, in questo momento tutti italiani, per fare volontariato con l’associazione Viva la vida Onlus (vivalavidafamily.com), che si occupa di garantire a bambini e ragazzi in situazioni di povertà un’adeguata istruzione, sostegno e assistenza, con l’obiettivo di migliorare le situazioni di degrado e creare opportunità per bambini e famiglie che vivono nei contesti meno fortunati».
Come è venuta a conoscenza di questa realtà e perché è stata attratta?
«Ho conosciuto l’associazione tramite passaparola con altri volontari, era il gennaio 2023 e mi trovavo in Guatemala con un’altra associazione che si occupa di diritti ed empowerment femminile in una comunità di donne Maya. Viva la vida Onlus ha il focus su bambini e infanzia ed essendo un’educatrice ho pensato di poter apportare la mia esperienza».
Qual è stato il primo impatto quando è arrivata?
«Visitando il villaggio e l’isola dove vengono svolte le attività, mi sono ritrovata di fronte a una situazione particolare, soprattutto nel villaggio dove si vedono le effettive condizioni e stili di vita dei locali. Lo sguardo di un occidentale fa veramente fatica a credere che possano esistere realtà del genere che coinvolgano anche bambini piccoli. Il villaggio non è dotato di corrente elettrica, le case sono baracche di bamboo senza acqua corrente, i bambini spesso non hanno neanche un pasto al giorno e le condizioni igieniche primarie sono inesistenti».
Come si svolge la sua giornata? Quali attività realizza con i bambini?
«La mia giornata è variabile, in base alle esigenze, alternandomi tra supporto educativo e manodopera. Al momento sto aiutando anche ad allestire il bar con soli materiali di recupero. La giornata educativa è svolta da 2 ore al mattino e 2 al pomeriggio, con gruppi diversi di bambini. La prima ora viene dedicata all’apprendimento dell’inglese, la seconda a laboratori sul riciclaggio. Nonostante la bellezza del luogo, c’è un’altissima presenza di rifiuti che finiscono spesso in strada e vengono bruciati quotidianamente, questo perché non ci sono servizi che gestiscano la loro raccolta, oltre all’assenza di sistemi di riciclaggio. Il tema dell’inquinamento ambientale viene affrontato seguendo il principio delle tre “R”: Reduce, Reuse, Recycle. Agire seguendo le tre “R” significa aiutare a minimizzare la quantità totale di rifiuti prodotti e quindi proteggere l’ambiente dall’eccessivo inquinamento prodotto dallo smaltimento dei rifiuti».