Rider, centinaia a Rimini tra corse folli e precariato. Cgil: “Ecco il nuovo sfruttamento”
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Sfrecciano sulle strade riminesi. Di giorno e di notte. Borsoni colorati su bici e scooter corrono dal centro alla zona mare ad ogni ora. Per consegnare a domicilio pizze, panini, piatti caldi. Sono i rider, i nuovi lavoratori del mondo digitale. Che, telefonino in mano, aspettano di ricevere, da una piattaforma web, l’ordinazione del cliente, per poi correre a ritirarla alla pizzeria o al ristorante convenzionato e andare a consegnarla a domicilio. «L’esempio, in chiave moderna, del nuovo sfruttamento della manodopera – sottolinea Valeria Podrini, segretaria Nidil-Cgil, il sindacato dei lavoratori precari -. Per mancanza di norme chiare e di un inquadramento obbligatorio della professione ad un contratto nazionale rigido e rispettoso della dignità retributiva del lavoratore». Parliamo di centinaia di giovani («il 10-20% stranieri») che, anche a Rimini freddo o caldo che sia, inforcano la loro due ruote per andare a consegnare la merce il più rapidamente possibile («siamo sui 20 minuti a consegna»).
L’evoluzione in negativo
Più consegne si effettuano, più si guadagna. «Ma, attenzione, stiamo parlando di cifre ridicole – stigmatizza Podrini -: qualcosa come il prezzo di un caffè ogni ora lavorata. Questo per quei rider, che sono la maggioranza, precari, inquadrati in azienda con contratti a partita iva o con forme di collaborazione autonoma. Perché, poi, ci sono quelli, e sono pochi, assunti nel rispetto del contratto nazionale di lavoro del settore merce e logistica, che guadagnano qualcosina di più».
Il lavoro da fare
Rider “fortunati” si potrebbe pensare. E invece no. Visto lo stipendio che ogni mese portano casa. Commenta il segretario provinciale Cgil trasporti, Massimo Bellini: «I lavoratori assunti regolarmente, nel Riminese, sono una quarantina, e percepiscono qualcosa come 10 euro l’ora lorde, per contratti part time orizzontali che vanno dalle 10 fino alle 30 ore settimanali, con un giorno di riposo a settimana. Insomma, viaggiamo su stipendi, per nulla dignitosi, che possono variare dalle 400 alle 1200 euro lorde mensili. Ma guai a saltare una consegna, perché ti viene tolta una parte della retribuzione oraria. E parliamo di una prestazione legata, principalmente, ad orari del pranzo e della cena che rendono impossibile lo svolgimento di un secondo lavoro».
Pochi soldi, dunque, e impegno lavorativo quotidiano svolto ad ogni condizione climatica, anche la più proibitiva. «Freddo, pioggia, caldo afoso, non fa differenza – fanno notare Bellini e Podrini -: se ricevono l’ordinazione devono correre, altrimenti gli viene decurtata parte dell’ora di retribuzione e vengono segnati dall’algoritmo del palmare come cattivi rider». Aggiunge, poi, la segretaria Nidil: «La nostra proposta, allora, è quella di trasformare questa professione in un lavoro legale e sicuro, con applicazione obbligatoria del contratto nazionale di lavoro e con regolarità previdenziale e rispetto delle norme di salute e sicurezza sul lavoro: Inail e mezzi e dispositivi individuali a carico dell’azienda. Basti pensare che questi ragazzi, e parlo di diverse centinaia nel Riminese, devono lavorare anche davanti ad un’allerta rossa da maltempo o a 40 gradi di caldo, come è successo a Rimini la scorsa estate». Ma in questo caso una mano sulla coscienza potrebbero mettersela anche i clienti, rinunciando, magari, all’ordinazione. Chiosa, allora Bellini: «Per quanto riguarda l’aspetto climatico, abbiamo sollecitato l’amministrazione comunale ad individuare un’area dove poter costruire la “casetta dei rider”, visto che attualmente aspettano l’ordinazione all’aria aperta, ai giardini davanti al cinema Settebello. Ma ci siamo sentiti rispondere che devono reperire i fondi necessari. Siamo ancora in attesa».
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