Per la frase razzista al derby di basket con Rimini, “daspo” della Nuova Virtus Cesena alla tifosa: «Non venga più a vederci». Lei lascia i social

In attesa del daspo nei confronti della tifosa della Nuova Virtus Cesena che nei giorni scorsi ha apostrofato una giocatrice di colore dell’Happy Rimini durante il derby di basket femminile U19 chiamandola «scimmia», la società cesenate ha giocato d’anticipo inviandole una raccomandata in cui viene invitata «a non presentarsi più a qualsiasi evento sportivo cui partecipiamo». E nel frattempo la donna si è auto esclusa dai social. Ha infatti provveduto a cancellare tutti i suoi profili per fronteggiare la miriade di commenti a lei indirizzati in seguito alla rapida diffusione online del video.
E mentre si attende il provvedimento del giudice sportivo e la conclusione dell’indagine aperta dalla Procura federale, la priorità per l’associazione sportiva Nuova Virtus Cesena è quella di «stare vicino e proteggere le ragazze coinvolte». È quanto ribadisce con fermezza il presidente della Nuova Virtus Cesena Marcello Foschi. «L’aspetto più triste è che le principali vittime di quanto accaduto siano loro».
Un sostegno incondizionato quello di tutto l’apparato della società che trova fondamento nei principi e nei valori che l’hanno sempre contraddistinta: «sportività e rispetto» ha evidenziato Foschi. Aspetti che troveranno ulteriore e, senza dubbio, maggiore riscontro anche in futuro. A cominciare da subito: «Stiamo già ragionando su eventuali iniziative di sensibilizzazione da attuare domenica pomeriggio in occasione della partita fra le prime squadre di Rimini e Cesena» ha dichiarato. Senza specificare nel dettaglio il progetto, il presidente ha evidenziato come «qualsiasi gesto che verrà messo in campo non dirà solo un secco “No al razzismo”, ma sarà un “No alla violenza verbale” in generale. Qualsiasi insulto che sia diretto a un atleta, un allenatore, un arbitro o spettatore va sempre condannato - ha proseguito -: in particolare in ambito giovanile, ma va esteso a tutte le categorie». L’obiettivo, dunque, è realizzare qualcosa che «sia di effetto e che abbia, se possibile anche un risvolto mediatico almeno pari a quello che ha avuto il fattaccio in sé. Perché purtroppo sono sempre più spesso gli aspetti orribili ad avere più risalto».
Un cambio di marcia insomma: «Vogliamo fare qualcosa di bello, significativo e che possa incentivare il cambiamento così che quante più persone possibili capiscano che è ora di finirla con certi atteggiamenti. Perché poi - ha aggiunto - è facile dimenticarsi dei tanti genitori che con il loro aiuto, il loro supporto, la loro partecipazione effettiva ci permettono di tenere in piedi una realtà dilettantistica come la nostra. Parlo di chi ci aiuta nelle trasferte, chi magari lava e prepara le divise delle squadre, come chi, invece, ha solo il piacere di portare figlio figlia da noi perché riconosce in lui la serenità di fare sport e stare in compagnia».