Omicidio di Pierina, i legali dei figli: «L’assenza di tracce di dna non scagiona Dassilva»
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L’assenza del dna di Louis Dassilva nei reperti finora analizzati non può escludere la presenza del 35enne senegalese dal luogo in cui il 3 ottobre 2023 è stata assassinata Pierina Paganelli: ne sono convinti gli avvocati Marco e Monica Lunedei, che assistono i figli della donna, in netto contrasto con quanto dichiarato dai legali dell’unico indagato per l’omicidio, per i quali «la campionatura effettuata finora lo ha escluso dalla scena del crimine». A detta degli avvocati Lunedei occorre infatti mettere l’accento su una premessa: «In genetica forense - sottolineano- l’assenza della prova non è prova dell’assenza, nel senso che se trovare il dna di un indagato sulla vittima è prova della sua presenza sul luogo del delitto, l’assenza del dna non può costituire prova del fatto che egli non fosse comunque presente».
Questo l’assunto di partenza, che nel caso di Pierina Paganelli va declinato con ulteriori precisazioni, considerando che la perizia genetico forense del professore Emiliano Giardina è stata effettuata su materiali deperiti poiché ormai coperti dalle muffe che si erano formate nel tempo: «Nel caso di specie i reperti si presentavano ammalorati da muffe che hanno distrutto le tracce di dna e in pratica reso impossibile l’esame - rimarcano i due legali -. Il perito del tribunale ha spiegato che non è stato trovato neppure il dna della vittima sui propri reperti, ove era scientificamente impossibile che non vi fosse». Insomma, se non sono state trovate tracce di materiale genetico appartenente alla 78enne uccisa a coltellate - e a rigor di logica le analisi avrebbero invece dovuto evidenziarne la presenza - non ci si poteva certo aspettare di trovare in quei reperti la firma biologica dell’assassino. Insomma, gli avvocati dei figli di Pierina Paganelli tirano dritti nella convinzione di un coinvolgimento diretto di Dassilva nell’omicidio, convinti che gli esiti delle analisi del dna non cambino le carte in tavola. D’altronde l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per il 35enne era arrivata ben prima che si svolgessero i test genetici, ed era quindi basata su ricostruzioni accusatorie nelle quali la presenza - o l’assenza - di dna di Dassilva non poteva essere contemplata. «Questo risultato - chiosano infatti i Lunedei - non aggiunge né toglie nulla al quadro indiziario precedente, che ci parla di rilevanti indizi di colpevolezza a carico di Dassilva». Resta da vedere cosa diranno gli ulteriori accertamenti disposti nei giorni scorsi su altri reperti: due chiavi e due telecomandi di Paganelli e un paio di pantaloncini del figlio Giuliano Saponi. Questi ultimi gli furono riconsegnati macchiati di sangue dalla moglie (e amante di Dassilva) Manuela Bianchi . Gli avvocati Lunedei hanno acconsentito a questi accertamenti con l’obiettivo - hanno detto nei giorni scorsi - di «evitare che vengano strumentalizzati reperti inutili che potrebbero alimentare il dubbio su questa vicenda».
Insomma, per i legali dei figli di Pierina Paganelli l’esito dei test sul dna non cambia favorevolmente la posizione di Dassilva, mentre si avvicina la data dell’esperimento giudiziale della camminata davanti alla cam3, che si terrà martedì prossimo: un elemento su cui la stessa Procura pare avere investito con più convinzione rispetto ai reperti lasciati ammuffire. «Le indagini sono ancora in corso - concludono i Lunedei - per cui non possiamo escludere che di qui alla fine si aggiungano ulteriori elementi al quadro indiziario».