Caso Sarti, quell’inconsapevolezza che è quasi peggiore della mancata onestà
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La querela annunciata al proprio “tesoro”, una scappatoia – solo temporanea – per evitare il cartellino rosso dall’amato Movimento 5 stelle, è una specie di farsa nella quale è addirittura il denunciato a suggerire il proprio domicilio alla denunciante così da facilitarle la stesura dell’atto, salvo poi reagire quando l’onda del fango finisce per travolgere l’uomo. Il tutto perché lei, nell’ansia di dimostrare la sua ortodossia, è terrorizzata dall’idea di non poter giustificare la mancata corresponsione di una parte del proprio stipendio al fondo per il microcredito, si noti bene, un versamento privato, volontario e al quale adempirà comunque sebbene in ritardo.
Le difficoltà della deputata riminese nascono proprio dal desiderio di rendicontare meno spese possibili e non dall’intenzione di mettersi in tasca dei soldi (i suoi soldi, tra l’altro).
Gli impegni e le risorse
Gli investigatori non hanno trovato traccia di un preventivo accordo tra lei e Bogdan per l’effettuazione di bonifici fraudolenti, allo scopo di ingannare il Movimento 5 stelle, ma semplicemente del tentativo di fare fronte agli impegni presi quando le risorse venivano a mancare. Nella richiesta di archiviazione, firmata anche dal procuratore capo Elisabetta Melotti, è spiegato bene come il mancato adempimento agli impegni presi con il Movimento 5 stelle non sia stato neppure tema d’indagine, mirata invece – come da querela – a una presunta sottrazione di somme (motivo che ha reso inutili le eventuali testimonianze di Casalino e Loquenzi): si tratterebbe comunque di comportamenti penalmente irrilevanti. Molto peggio, eventualmente, accusare qualcuno sapendolo innocente: il reato di calunnia è grave. Non c’è bisogno di essere laureati in giurisprudenza, come la Sarti, per sapere che prevede pene molto severe. L’ex fidanzato, difeso dall’avvocato Mario Scarpa, adesso preannuncia una possibile denuncia o, quanto meno, una richiesta di risarcimento danno.
C’è da chiedersi perché i magistrati non abbiano proceduto d’ufficio, ma la risposta è implicita nel passaggio in cui i Pm danno per assodato «l’incapacità di gestire le proprie risorse da parte della parte offesa» dall'altro gli elementi acquisiti «non consentono di affermare che i prelievi siano stati eseguiti consapevolmente» da Bogdan, contro la volontà dell’onorevole. Una patente di inconsapevolezza e superficialità che per una esponente della classe dirigente, due volte selezionata ed eletta in Parlamento, è forse peggio dell’ombra, fugata anche questa volta, della mancanza di onestà.