Arrestati i pendolari della rapina: da Palermo in trasferta a Rimini
Il colpo risale al 19 giugno 2017. Due uomini armati di taglierino, con cappellino, occhiali e un fazzoletto sul volto, avevano fatto irruzione all’interno dell’istituto di credito qualche minuto dopo le dieci del mattino. Dopo aver estratto un “cutter”, il primo dei banditi a entrare dal “ bussolotto” aveva intimato alla cassiera di aprire al complice e consegnare i soldi. «Non fate scherzi e non vi succederà niente, che di rapine ne ho fatte altre e so come vanno le cose» aveva poi gridato il malvivente con un tono della voce che voleva mantenersi calmo, ma tradiva invece una certa agitazione. Dietro la minaccia della lama, i bancari avevano eseguito l’ordine e pregato che la faccenda si risolvesse il prima possibile. Una volta arraffati i soldi, circa quattromila euro, i rapinatori che sapevano di avere poco tempo a disposizione e di conseguenza avevano evitato di attendere il meccanismo a tempo della cassaforte, avevano costretto tutti i dipendenti a “infilarsi”, uno a uno, in un ufficio della filiale e attendere lì dentro l’arrivo dei soccorritori. Gli agenti della Sezione Antirapina della Squadra mobile, dopo aver soccorso i dipendenti rinchiusi come ostaggi e assicurato che non venisse modificata la scena del crimine, avevano effettuato i rilievi tecnico scientifici e visionato le immagini del sistema di videosorveglianza. I rapinatori avevano utilizzato dei guanti in lattice. Secondo l’accusa però sono gli stessi che, due settimane prima, avevano messo a segno una rapina analoga a Cesena: in quel caso uno dei due era stato tradito da un’impronta digitale. Il confronto tra le immagini, incrociato con i dati dei tabulati telefonici dei passaggi autostradali, ha portato ad attribuire ai due palermitani anche il colpo riminese.