«Un sano e onesto rock’n’roll il nostro biglietto da visita»

Rimini

RIMINI. Pochi come Dan Baird incarnano non solo la musica ma anche lo stile di vita del rock and roll. Californiano, classe ’53, ha segnato da protagonista la storia del rock americano con i suoi Georgia Satellites prima, da solista poi, e infine con gli attuali Homemade Sin. Il suo è uno stile energico, rock and roll elettrico e viscerale ma che sa miscelarsi anche con il country e atmosfere più acustiche. Questa sera (ore 22) salirà sul palco del Teatro degli Atti di Rimini all’interno del vasto programma dei Glory days.

Più di quaranta anni di carriera, centinaia di concerti in giro per il mondo, un disco nuovo; cosa significa nel 2018 essere un rocker “on the road”?

«Per quanto mi riguarda è semplicemente uno stato di necessità. Se sono ancora sulla strada non è solo una scelta, è un bisogno. Molto onestamente, ognuno di noi deve avere la consapevolezza della sua posizione nel mondo; certo, mi farebbe piacere suonare ogni sera in uno stadio, ma non ci sono riuscito, e continuo comunque sulla mia strada, live dopo live, a suonare rock’n’roll. Se io e la band non lo facessimo, sentiremmo di sprecare la nostra vita»

Sta girando con gli Homemade Sin da molto tempo, e le recensioni del nuovo disco sono molto buone; cosa deve aspettarsi il pubblico dei “Glory days” dal vostro concerto?

«Qualche vecchio brano, qualcuno del nuovo disco ma, sopratutto, del sano e onesto rock and roll. Questo è ciò che proponiamo ogni volta, il nostro biglietto da visita. Uno spettacolo energico in cui non ci stanchiamo di suonare. Siamo abituati a suonare molto, ci piace stare sul palco. In passato ho suonato anche diversi pezzi di Springsteen ma non so se proporremo qualche sua cover a Rimini».

I “Glory days” di Rimini sono dedicati ai fan di Springsteen. Qual è il suo rapporto con la sua musica? Vi siete mai incontrati?

«Ho sempre amato la sua musica, la sua onestà e profondità. Un disco su tutti che mi ha fatto amare Springsteen è stato Nebraska, che adoro. Ho incontrato Bruce una sola volta, in un club, dove sua moglie stava suonando e lui era venuto a seguirla. Ci siamo salutati e gli ho detto che mi piaceva la sua musica, poi l’ho lasciato da solo a godersi la serata».

Che consigli ti sentiresti di dare a un giovane musicista che vorrebbe diventare professionista?

«Siate per primi voi ciò che vorreste siano gli altri musicisti per voi. Prima viene la preparazione tecnica, poi l’interpretazione. Questo significa studiare lo strumento, approfonditelo, in modo da poterlo poi usare per trasmettere il vostro cuore, la vostra passione e essere più liberi di interpretare la musica che sentite come vostra. Quando si tratta di preparare una registrazione o un live, cercate di tenere le vostre cattive abitudini fuori dalla musica, canalizzandole nella creatività e nel feeling. Suonare in una band è come lavorare in una cooperativa, è necessario aiutarsi a vicenda, siate di supporto agli altri, disponibili, non lavorate da soli, abbiate senso di appartenenza e condivisione, non solo sul palco. Se fate questo troverete ciò che cercate, la vostra strada, la vostra occasione».

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