Quando l'arte svela la storia: il Cinquecento in 190 opere

Rimini

Le mostre dei Musei San Domenico di Forlì ci stupiscono perché esigono uno sforzo di conoscenza e riflessione che il pubblico, pur consapevole dell’impresa che gli viene richiesta, non può non apprezzare. In particolare alla mostra “L’eterno e il tempo tra Michelangelo e Caravaggio”, aperta fino al 17 giugno, è obbligatorio affidarsi – al di là del fatto che i tre quadri di Caravaggio in mostra valgono da soli la visita – all’incredibile lavoro che il comitato scientifico, coordinato da Gianfranco Brunelli e presieduto da Antonio Paolucci, ha messo in campo, riuscendo nell’ardua missione di inseguire, attraverso l’arte, la verità dei fatti storici di un secolo denso di avvenimenti come il Cinquecento dove accadde di tutto.

Indagine su un secolo speciale

Il secolo del Rinascimento, della Riforma protestante e del Concilio di Trento, ma anche dell’impiego della stampa e delle grandi scoperte geografiche, è qui indagato attraverso 12 sezioni e 190 opere realizzate da 50 artisti. Questo “percorso parlante” porta per mano il visitatore a conoscere e riconoscere quel rimando continuo di riferimenti storici e culturali che fu responsabilità degli artisti dell’epoca rappresentare esteticamente, sia coloro che il grande pubblico non è abituato a vedere in mostra, sia i grandi maestri del periodo, qui perfettamente contestualizzati.

Il percorso espositivo

La prima sezione parte dentro gli splendidi spazi della chiesa domenicana di San Giacomo ed è dedicata al Manierismo. Si apre con La pesca miracolosa appartenente al ciclo degli arazzi di Raffaello per la Cappella Sistina (oggi custoditi nel Musei Vaticani), realizzati nella bottega di Pieter van Aelst a Bruxelles su disegno di Raffaello Sanzio, databili al 1515-1519, il punto più alto della espressione raffaellesca.

Il percorso prosegue con diverse pitture di grandi dimensioni tra cui Rosso Fiorentino, la Pietà del Correggio, Lorenzo Lotto, la Deposizione di Giorgio Vasari, che annunciano Michelangelo, il calco antico del Cristo della Minerva e la prima versione della stessa statua lasciata incompiuta dall’artista in seguito all’emergere di un’ombra del marmo in prossimità del viso.

La seconda sezione sfocia in una galleria dedicata all’opera su modello di Michelangelo accanto a una scelta di eccelsi disegni del maestro provenienti da Casa Buonarroti a Firenze.

Si prosegue con i pittori cosiddetti “spirituali”: in mostra le opere di Lorenzo Lotto, Pontormo e Sebastiano del Piombo, rigoroso interprete della pittura di sentimento religioso.

Una sezione è poi dedicata alla ridefinizione architettonica dello spazio (di Michelangelo in mostra la pianta per la Basilica di San Giovanni dei Fiorentini) mentre al piano superiore la prima sala è occupata dai papi della Controriforma, protagonisti assoluti di pitture di grandissime dimensioni a partire dal bellissimo ritratto Pio V Ghislieri del 1570 dipinto da Scipione Pulzone.

A seguire “l’omaggio” alla ricca Corte Farnese dove si può ammirare il sublime Ritratto di Paolo III con i nipoti di Tiziano, una delle opere più importanti in mostra. Di grande impatto le statue a grandezza naturale di Antinoo o della Venere accovacciata con Cupido accanto alla piccola ma potente tela del Ragazzo che soffia su un tizzone dove El Greco gioca con la luce risolvendo tutto il quadro nel bagliore del tizzone.

Il calco in gesso della Pietà Bandini di Michelangelo apre la sezione delle pale d’altare che anticipa la sala dedicata alla pittura di Zuccari e Barocci.

Si prosegue con Bologna, seconda capitale dello Stato della Chiesa, che sul finire del secolo vede fiorire di nuovi sensi terreni la pittura dei Carracci, di cui in mostra vi sono diverse opere. Poi l’“arte senza tempo”, cioè all'apparenza senza un vero e proprio contesto storico, di Scipione Pulzone, a cui è dedicata una galleria di ritratti notevolissimi. La sala intitolata a “L’arte e la scienza” mostra al visitatore sia come le opere in epoca di Controriforma si interessino al corpo nudo seppur ritenuto peccaminoso, sia l’attenzione al soggetto della moderna “natura morta” come genere autonomo, la cui forma più alta è lo strepitoso vaso di fiori del celebre dipinto di Caravaggio: Ragazzo morso dal ramarro (1597 circa, si tratta della versione conservata alla Fondazione Longhi a Firenze).

La mostra si conclude con quattro dipinti di grandi dimensioni che strappano l’emozione finale: il classicismo nella Pietà di Annibale Carracci (1604) e il dinamismo barocco nell’Adorazione dei pastori di Rubens (1608) sono affiancati a due capolavori di Caravaggio: il Sacrificio di Isacco del 1600 e la Madonna di Loreto detta anche Madonna dei Pellegrini (1605 circa) dove l’artista descrive nella sua luce che contorna l’ombra e che trascorre dagli uomini alle cose il nuovo rigore. E al bianco candore che Michelangelo cercava ossessivamente nel marmo delle sue statue si antepongono le sporche estremità rese dall’abilità di Caravaggio, inizio e fine di una mostra imperdibile.

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