«Nell’aria c’è attesa di nuova libertà creativa per la musica»
I suoi trent’anni di carriera sintetizzano quanto di più originale e innovativo abbia prodotto il panorama musicale indipendente italiano. Come musicista ha prestato il suo basso a gruppi che hanno lasciato segni epocali come i Litifiba e i Csi; da produttore ha scovato, coltivato e contribuito a crescere realtà come Marlene Kuntz o Timoria: da autore ha creato perle come “Acau. La nostra meraviglia”, o l’ultimo “Nulla è andato perso”, insieme a Claudio Rocchi.
Proprio a Rocchi, scomparso prima dell’uscita dell’ultimo disco, Gianni Maroccolo dedicherà il concerto di domenica 23 al teatro Novelli di Rimini (inizio ore 20) e inserito nel programma dell’ottava edizione dello “Smiting festival”. Con lui un collettivo straordinario composto da Andrea Chimenti, Antonio Aiazzi (Litfiba), Simone Filippi (Üstmamò), Beppe Brotto.
Protagonista sarà non solo la musica dell’ultimo disco ma quella realizzata nell’arco dei trenta anni di carriera. Un arco di tempo, spiega lo stesso Maroccolo raggiunto telefonicamente, «in cui gli incontri, le relazioni e i progetti musicali mi hanno plasmato come artista e come uomo. Rispetto al passato è invece più difficile contestualizzare il periodo musicale che si sta vivendo e le profonde mutazioni in atto. Nell’aria c’è come una attesa di una nuova avanguardia in grado di lasciare il segno come fecero negli anni 80 e 90 gruppi come Litfiba o Cccp. Io lo aspetto con molta serenità, godendomi la libertà creativa che mi permette ancora di realizzarmi attraverso la musica che faccio».
A quali mutazioni fa riferimento?
«Il mondo discografico ormai è finito, amministrano i diritti di vecchi successi senza alcun interesse al nuovo. Oggi chi fa musica deve essere manager di se stesso, muoversi direttamente attraverso il web o contatti personali creati sul campo. Non so se tutto questo sia un bene o un male, perché ci sono anche delle opportunità nuove. Quello che non morirà mai è il desiderio di creare e condividere musica. Oggi ci sono meno filtri e un rapporto più diretto con i pubblici».
Quali sono invece i suoi punti fermi a livello compositivo?
«Il mio è un rapporto sacrale con la musica, in cui ricerco un senso creativo e emozionale. Non mi sono mai fatto condizionare dalle mutazioni epocali, pur vivendole. Cerco di comprendere e di vivere, anche a livello creativo, nel contesto attuale. Mi piace costruire progetti che lascino un segno, in cui credo e mi incuriosiscono, insieme a musicisti che apprezzo e con cui si instaura un feeling professionale e umano. Credo che la musica di insieme sia possibile solo quando chi ne fa parte sa fare un passo indietro, mettendosi a disposizione del gruppo».
“Libertà on air” è Il tema dello Smiting festival di quest’anno, qual è il suo rapporto con la radio?
«La radio è sempre un grande spazio di libertà. Sono un divoratore di radio, ancora oggi è il mio ascolto principale, a casa o in viaggio. Un amore nato quanto, a 6 anni, sequestravo la radiolina da cui mio padre ascoltava le partite, per nasconderla sotto le coperte e passare la notte ad ascoltare programmi di terre vicine e lontane. Stazioni dell’est, Radio Lussemburgo, un mondo parallelo che destava interesse e e curiosità. Poi vennero le radio libere, da cui sono nate le culture più underground degli anni Settanta. Oggi non scelgo cosa ascoltare, mi piace cambiare e farmi sorprendere».