Arlotti: «È l'ultimo miglio per superare la transizione»

Rimini

RIMINI. «La cosa che più ci preme è assicurare i diritti, la libertà, l’indipendenza e il pluralismo dell’informazione, sia a livello locale che nazionale».

A parlare è Tiziano Arlotti, parlamentare riminese del Pd. È di qualche giorno l’approvazione alla Camera del disegno di legge che istituisce il Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione, disegno che si appresta ora a sottostare all’esame del Senato. Il ddl ha unificato le due proposte presentate da Pd e da Sel, «non senza registrare opposizioni nette tra coloro che – come il Movimento 5 Stelle – ritengono che l’informazione debba passare attraverso la Rete, con tutte le distorsioni che ne conseguono».

È un passo importante per la soluzione di una crisi che riguarda l’intero settore, ma che ha penalizzato in primis i soggetti più deboli, cioè l’informazione no profit e cooperativa. A questi, infatti, si rivolge il disegno (escludendo espressamente i giornali di partito e quelli di proprietà o partecipati da aziende quotate in borsa): un settore che ha subito un drastico ridimensionamento passando nel decennio 2006-2016 da 420 a 30 milioni di contributi.

Perciò la nuova legge, molto attesa, ha il difficile compito di rimettere ordine e sostenere l’editoria indipendente. Ma perché farlo con soldi pubblici? Perché – sono le parole pronunciate dal relatore di maggioranza alla Camera, Roberto Rampi – «non è un prodotto come molti altri ma un servizio essenziale, cruciale e primario» che non può semplicemente sottostare alle leggi del mercato.

«Questo ddl – aggiunge Arlotti – prevede anche una serie di nuove disposizioni per la distribuzione».

La vendita dei giornali, infatti, verrà progressivamente liberalizzata e ampliata, anche negli orari. «La questione non è irrilevante per sostenere il settore, a partire dalle piccole testate che vanno curate con attenzione per favorire l’informazione locale».

«E un altro punto che mi preme sottolineare – dice Arlotti – è lo sviluppo dell’informazione digitale». Il passaggio al digitale sarà infatti un elemento dirimente per poter accedere ai contributi, così come il rispetto dei contratti di lavoro dei dipendenti. C’è poi un’altra interessante questione: le testate, per avere diritto ai contributi, non dovranno pubblicare pubblicità lesive dell’immagine e del corpo delle donne.

Principio sacrosanto, anche se c’è chi obbietta: chi controllerà?

«Quando si mettono dei vincoli il primo problema è quello di stabilire chi controlla e come possa sanzionare coloro che non rispettano la norma, e questo è un aspetto che dovrà essere oggetto di approfondimenti. Sarà l’Autorità garante per le comunicazioni? Anche l’Ordine dei giornalisti potrebbe farsi portatore di proposte».

A questo punto ci si potrebbe chiedere: perché limitare quest’obbligo solo ai piccoli? Perché non allargare la platea e far impegnare anche i grandi giornali sul tema della dignità della donna?

«È una giusta osservazione. Continuiamo a lavorarci».

C’è anche chi teme che questa legge lasci un eccesso di delega al governo.

«Con il ddl è stato previsto uno strumento snello anche per evitare di infilarsi nei tecnicismi, ma il Governo dovrà comunque effettuare dei passaggi con le commissioni parlamentari una volta che saranno stati predisposti i decreti attuativi».

Il 2016 segnerà dunque l’inizio di un nuovo corso per l’editoria in Italia. Resta però sul tavolo la mancanza delle risorse per il 2015. Senza quei contributi (peraltro già messi a bilancio e spesi) molte testate rischiano di chiudere prima ancora che la legge entri in vigore.

«Abbiamo fatto un gran lavoro per salvaguardare il settore, e sarebbe un vero peccato. Con la nuova legge cambierà tutto, anche il sistema dei pagamenti che adesso arrivano un anno dopo, gravando i già difficili bilanci di oneri finanziari che diventano un ulteriore, inutile costo. Ma dobbiamo esser consapevoli che bisogna fare ancora l’ultimo miglio e quindi – nel corso della discussione che verrà portata avanti al Senato – individuare quale possa essere un pacchetto di risorse aggiuntive esclusivamente legato a quest’anno di transizione».

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