'Ndrangheta in Emilia-Romagna: sequestri per 27 milioni a Ravenna, Forlì-Cesena e in tutta la regione VIDEO
Un centinaio di militari del Comando provinciale della Guardia di Finanza di Bologna, in collaborazione con il Servizio centrale investigazione criminalità organizzata della Guardia di Finanza e con l'aiuto di Milano, Ravenna, Forlì-Cesena, Reggio-Calabria, Vibo Valentia e Chieti, stanno dando esecuzione a misure cautelari personali a carico di 23 persone, affiliate alle 'ndrine dei Piromalli di Gioia Tauro e dei Mancuso di Limbadi e indagate per bancarotta fraudolenta, estorsioni, violenza e minacce- procedendo altresì al sequestro di conti correnti, beni immobili e quote societarie per circa 27milioni di euro. In Emilia-Romagna sono state coinvolte le province di Piacenza, Bologna, Forlì-Cesena, Reggio Emilia, Modena e Ravenna.
Operazione "Radici"
Sequestri per 27 milioni di euro e 23 misure cautelari eseguite (quattro custodie in carcere, tre arresti domiciliari e 16 obblighi di dimora a carico di persone affiliate alle 'ndrine di 'ndrangheta dei Piromalli di Gioia Tauro e dei Mancuso di Limbadi), al termine di indagini iniziate durante la pandemia e che hanno visto il controllo di oltre 100 conti correnti intestati a 15 persone, intercettazioni su 64 utenze, a cui se ne aggiungono tre intercettate tramite trojan e una casella e-mail, e l'audizione di sette collaboratori di giustizia. Questi, in sintesi, i numeri dell'operazione 'Radici', condotta dal Gico (Gruppo d'investigazione sulla criminalità organizzata) del Nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Bologna, con il supporto dello Scico (Servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata) e la direzione della Procura bolognese.Tra le misure disposte dal gip di Bologna Domenico Truppa su richiesta del pm della Dda Marco Forte spicca la custodia cautelare in carcere per il 34enne Francesco Patamia, candidato alla Camera nelle ultime elezioni con la lista Noi moderati di Maurizio Lupi nel collegio di Piacenza. Patamia, secondo gli investigatori, sarebbe stato l'amministratore di fatto di una delle società coinvolte nell'inchiesta, che conta 34 indagati accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere, trasferimento fraudolento di valori, autoriciclaggio, bancarotta fraudolenta, usura, lesioni personali, minacce ed estorsione.
L'indagine, spiegano in conferenza stampa il comandante regionale delle Fiamme gialle dell'Emilia-Romagna Ivano Maccani, il comandante provinciale di Bologna Carlo Levanti e il comandante del Nucleo di Polizia economico-finanziaria bolognese Fabio Ranieri, ha preso le mosse dal monitoraggio di "cospicui investimenti immobiliari e societari riconducibili a soggetti di origine calabrese", portando alla luce "infiltrazioni nel tessuto socio-economico dell'Emilia-Romagna in particolare le province di Forlì- Cesena e Rimini, ma anche Modena e Reggio Emilia, da parte di organizzazioni criminali di stampo mafioso radicate in Calabria".
Gli investimenti illeciti, molti dei quali avvenuti in piena emergenza Covid, "hanno riguardato esercizi commerciali soprattutto del litorale romagnolo e aziende operanti nei settori dell'edilizia, della ristorazione e dell'industria dolciaria".
Gli accertamenti hanno quindi fatto emergere "la presenza, nel territorio regionale di piccoli gruppi di matrice 'ndranghetista, ognuno dei quali guidato da un 'boss-manager'" e tutti legati, pur gestendo con una certa autonomia i loro affari, a "diverse famiglie e mandamenti della 'casa madre' in Calabria, spesso menzionati nelle conversazioni intercettate". Le indagini, ricostruiscono i finanzieri, hanno fatto emergere "un vorticoso giro di aperture e chiusure di società intestate a prestanome, che venivano usate per riciclare denaro mediante sistematiche evasioni fiscali, perpetrate per lo più attraverso l'emissione e l'utilizzo di fatture false, spesso preordinate al trasferimento di ingenti somme di denaro e al compimento di vere e proprie distrazioni patrimoniali" (in pratica, le società venivano 'spolpate').
Tutto questo è stato possibile anche grazie all'aiuto di un commercialista e di un avvocato, entrambi interdetti per 12 mesi dall'esercizio della professione. Oltre ai reati di natura economica e finanziaria, sono stati documentati "ripetuti episodi di intimidazione, minacce e, in alcuni casi, vere e proprie violenze ai danni degli imprenditori che si sono rifiutati di aderire alle richieste" del sodalizio criminale. Tra le vittime di minacce e di aggressioni non ci sono però solo degli imprenditori, ma anche dei pubblici ufficiali, ad esempio degli agenti di Polizia locale e il dipendente di una società appaltatrice di Hera in un Comune romagnolo. Proprio la denuncia di questi episodi da parte del sindaco di quel Comune è stata una delle 'molle' che hanno fatto scattare l'indagine, unitamente alla stranezza, rilevata dai finanzieri, dei cospicui investimenti fatti in piena emergenza Covid, che hanno ovviamente insospettito gli investigatori.
La 'Ndrangheta in Emilia-Romagna
La Direzione Investigativa Antimafia ha sequestrato in esecuzione di un provvedimento di prevenzione emesso d’urgenza dal locale Tribunale su proposta del Procuratore della Repubblica Distrettuale Antimafia di Bologna, beni mobili ed immobili e società, per un valore complessivo stimato in circa 10.500.000 euro ad un esponente di rilievo di un sodalizio di matrice ‘ndranghetistica, attivo nei territori di Reggio Emilia, Parma, Modena e Piacenza e storicamente legato alla cosca Grande Aracri di Cutro.L'esponente nel mirino, trasferitosi dal 1977 nel capoluogo emiliano dove aveva interessi in campo immobiliare, era stato arrestatonel 2015 nell’ambito dell’operazione “Aemilia” unitamente ad altre 202 persone ed è attualmente in carcere.
La figura dell'uomo arrestato ha assunto particolare rilievo per il fondamentale ruolo di raccordo svolto tra la cosca mafiosa ed esponenti delle Istituzioni locali consentendo in tal modo il rafforzamento e l’espansione economica del sodalizio.
Il decreto di sequestro ha interessato 57 immobili tra cui una villetta di pregio a Reggio Emilia, capannoni industriali e terreni situati in Emilia Romagna e Calabria, una società immobiliare, 5 mezzi commerciali e autovetture ed oltre 50 rapporti bancari accesi in numerosi istituto di credito.