Maltempo e sottopassi ferroviari allagati a Rimini, si apre il dibattito: «Rischio trappola ma sono fondamentali»
Sottopassi ferroviari: pro e contro in caso di precipitazioni torrenziali. I fenomeni alluvionali rischiano di diventare la norma a causa del cambiamento climatico in atto. Ecco perché nei giorni scorsi molti nel Riminese si sono chiesti, trovandosi all’improvviso separati dai parenti anziani o bloccati in casa a causa dei sottopassi allagati, se sia il caso di continuare a costruirli rimpiazzando così i passaggi a livello.
Perché sì
Alla riflessione partecipa l’architetto Cristian Gori che sostiene la convinta funzionalità dei sottopassi. «In caso di allagamento repentino – concede - i sottopassi possono purtroppo trasformarsi in una trappola mortale e viene quasi spontaneo demonizzarli».
A prescindere dalla tipologia, ritiene tuttavia «che i sottopassi in senso generale siano infrastrutture di fondamentale importanza, senza i quali non sarebbero possibili connessioni urbane e territoriali. Si tratta cioè di infrastrutture in molti casi irrinunciabili per garantire efficienza e qualità della mobilità». Sebbene eliminare il rischio di un potenziale allagamento, a suo parere, sia impossibile reputa però opportuno «a fronte di un evidente cambiamento climatico in corso riflettere sull’applicazione di sistemi di sicurezza sempre più sofisticati e efficienti, che avvertono e impediscono il transito in caso di inondazioni». Tradotto? «Se non possiamo evitare l’impraticabilità, a causa di calamità naturali, occorre predisporre il più alto livello possibile di sicurezza per evitare ai cittadini rischi talvolta letali. Altrettanto utile sarà configurare e far conoscere “percorsi urbani alternativi” da utilizzare laddove possibile in caso di calamità rilevanti». Diverso invece, prosegue Gori, «il discorso riguardo la realizzazione di ambienti interrati, cantine e parcheggi. Disporre, qualora possibile, di autorimesse o depositi al piano terra è senz’altro preferibile ma si tratta sempre di ragionare in modo consapevole sui pro e sui contro di una possibile soluzione». Morale? «Nell’immediato futuro – conclude l’architetto - sarà il sempre più evidente cambiamento climatico a comportare numerose riflessioni e revisioni in ambito architettonico ed urbanistico».
Quanto ai passaggi a livello, a destare preoccupazione in molti addetti ai lavori sono i frequenti danneggiamenti di barriere e dispositivi, oltre alle sistematiche segnalazioni di attraversamenti a segnale rosso e sbarre in chiusura, con rallentamenti e interruzioni del traffico ferroviario.
Perché no
Dal canto suo l’architetto Fernando De Simone sposta i termini del ragionamento. «Se il sottopasso è costruito ad hoc – rimarca – funziona eccome, il problema è che spesso non vengono pulite a dovere le griglie da cui l’acqua dovrebbe esser assorbita. Una scelta discutibile, questa, che dipende dagli alti costi per la manutenzione. Nel sottopasso però - ammonisce - va comunque realizzata una corsia riservata ai pedoni e separata da una barriera in acciaio». Quanto al problema delle esondazioni, l’architetto taglia la testa al toro e ricorda «che costruendo bacini di laminazione a monte non si verificherebbero problemi a valle». D’altronde un empasse c’è. I Comuni a monte cercano di non costruirli perché «il territorio verrebbe deturpato con chilometri di argini alti fino a otto metri e le aree interessate perderebbero valore in quanto vincolate».
Le proposte
Una soluzione alternativa arriva da Scandinavia e Giappone dove, per risparmiare spazio in superficie e non sfregiare la natura, «le infrastrutture vengono realizzate nel sottosuolo. Tradotto? Anche le casse di espansione possono essere realizzate in tunnel sotto l’alveo dei fiumi. Tunnel – fa presente De Simone - dotati di bypass e idonei a ammortizzare e ridurre gli effetti distruttivi delle esondazioni vicino ai centri abitati, tant’è che vengono installati nei punti più critici». Una scelta, questa, che strizza l’occhio all’ambiente perché, una volta giunta nei tunnel anti esondazione, «l’acqua viene: aspirata, raffreddata, riossigenata e infine reimmessa nel fiume». Appositi filtri provvedono inoltre «alla depurazione e alla ristabilizzazione delle eventuali sostanze minerali mancanti». Chiude il confronto l’architetto Elisa Giannini che invita al pragmatismo. «È impossibile intervenire su grandi progetti in tempi brevi perciò – sottolinea - è importante rendere l’acqua una risorsa e non un problema, ad esempio convogliando le acque meteoriche e riutilizzandole nel verde pubblico, attraverso l’uso di materiali più performanti come gli asfalti drenanti che permettono di non incanalare tutta l’acqua nel sottopasso. Sarebbe utile anche incrementare e controllare le cisterne dei sottopassi (e delle caditoie e dei tombini) oltre che implementare le pompe di sollevamento e infine pensare a zone di raccolta dedicate distribuite sul territorio. Detto questo, è ora di prevedere e monetizzare interventi più radicali. L’ingegneria italiana, del resto, è la prima al mondo anche in campo ferroviario».