L’arte e il gusto “made in Rimini” a Sydney. «Il business è il quarto figlio della mia nidiata»
Da Rimini alla terra dei canguri. Lavora come architetto dall’altra parte del mondo, dove sta costruendo una maxi villa da 15 milioni di dollari. Nata e cresciuta a Rimini 53 anni fa, Nathalie Scipioni ha studiato al liceo scientifico Serpieri prima di laurearsi in Architettura a Firenze, nel 1998. Il Villaggio azzurro è stata la cornice di buona parte della sua giovinezza, in quanto figlia di un ufficiale dell’aeronautica, ma già allora veniva definita “la straniera” o “la francesina”. I motivi? Gli occhi azzurrissimi e i capelli biondi che le incorniciano il viso oltre all’origine della sua mamma, una vera parigina doc.
Scipioni, perché ha lasciato la Romagna?
«Tutto è cominciato durante l’ultimo anno di università quando sono volata a Parigi per il progetto Erasmus. Nella Ville Lumière, per cui è scoccato un vero colpo di fulmine, sono rimasta dieci anni grazie a un master in restauro oltre che un lavoro a tempo indeterminato nello stesso ambito. Sempre in Francia ho conosciuto l’uomo con cui poi sono convolata a nozze e che ha sparigliato le carte quando nostra figlia aveva appena due anni».
Cos’è successo?
«Ha partecipato a una selezione per aprire a Sydney una succursale della ditta dove lavorava. Ricordo ancora le sue parole: “Stai tranquilla: non mi sceglieranno mai”, invece lo presero subito. Era il 2005. Dovevamo restare solo un anno e con questa promessa salutai il mio datore di lavoro, da cui però non sono più tornata».
Com’è andata all’inizio?
«Arrivata dall’altra parte del globo, non spiccicavo neppure una parola di inglese, figuriamoci mia figlia. Mio marito, da cui ho divorziato nel 2013, era sempre fuori casa mentre io avevo rinunciato a tutto. Tradotto? Mi sentivo completamente persa ma non mi sono arresa. Dopo tre mesi di tentativi ho trovato un impiego nel campo del restauro, fermo restando che in Australia sono ritenuti antichità i monumenti appartenenti al 18esimo secolo» (sorride, ndr).
Dopo è filato tutto liscio?
«Macché! È seguito un altro fulmine a ciel sereno. Mentre ricominciavo la gavetta, è venuto fuori che dovevamo restare in Australia due anni, non uno soltanto. All’epoca ero incinta del secondo figlio e ho preso il coraggio a due mani realizzando progetti per l’Italia, come architetto. La svolta è arrivata nel 2008, quando ho aperto il mio studio “Nathalie Scipioni architects”, all’arrivo della terza cicogna. Nonostante l’affastellarsi di impegni, non ho mai riposto i sogni nel cassetto, tant’è che, come ricordo spesso al mio terzogenito, a cinque giorni di vita era già sul cantiere con me, tra le mie braccia. Lo allattavo mentre facevo meeting al telefono. E oggi, a distanza di 16 anni, il mio studio continua a crescere, conta sei dipendenti (di cui 4 donne, dai 30 a 50 anni) e accompagna il cliente dalla progettazione delle fondamenta sino all’arredo. Al mio fianco, come una fresca boccata d’ossigeno, c’è anche mia figlia Alissa che si occupa di Digital marketing».
Qual è il progetto di cui va più fiera?
«Mille metri quadri dispiegati su 4 piani, a fronte di 15 milioni di dollari di budget. Dieci camere con altrettanti bagni. Un progetto che curo dal 2016 per un cliente che vive in Cina. Il business, come dico sempre, è il quarto figliolo della mia nidiata».
Nel suo lavoro ha collaboratori romagnoli?
«Assolutamente sì. Qui il gusto italiano è considerato un’eccellenza, senza contare che in Romagna siamo vulcani di idee. Una nota insolita da queste parti si è rivelato, invece, il mio amore per i colori: ho stupito tutti con un pavimento realizzato per casa mia, impiegando il pandomo, un misto di tanti materiali fra cui il cemento: l’ho voluto in una tinta che ricordasse l’azzurro di una piscina. Anche le suggestioni di cui si nutre il mio stile vengono dalla mia origine made in Italy. Mi reco al salone del mobile di Milano ogni anno, per non perdere il passo, e importo mobili e lampadari da “Diffusione luce”, un’azienda che ha sede a Coriano. Il mercato australiano, almeno in questo settore, è indietro di almeno vent’anni rispetto a noi. E già che ci sono, lancio un appello a quanti hanno un’attività di arredamento in Romagna. Chi volesse, mi contatti per eventuali collaborazioni»
Quando pensa a Rimini, per cosa prova nostalgia?
«Mi manca la cultura, tant’è che torno due volte l’anno per rigenerarmi, ma anche il mare dove sono cresciuta. Forse non sarà blu come una cartolina ma sulla spiaggia di Rimini respiri un’atmosfera particolare, in bilico tra divertimento e musica, che non trovi in nessun’altra parte del mondo. In Australia, al confronto, si segue un copione rigoroso e un po’ grigio che prevede sempre di cenare presto, andando a nanna al massimo alle 21».
Nessuna critica?
«Un piccolo appunto. Quando torno, è un continuo bombardamento di raccomandazioni, da “Stai attenta alla borsa” a “Chiudi la porta a chiave”. Accorgimenti, questi, che in Australia sarebbero inutili. Posso passeggiare di notte lungo l’Oceano, da sola, senza che mi accada nulla di brutto. I miei figli, sebbene innamorati della riviera, sono impressionati dalle porte blindate che, fin da piccoli, vedono a casa di parenti e amici. Ma per tutto il resto, la nostra è la terra più bella. In assoluto».