Ispezioni a sorpresa e verifiche dei farmaci. Il direttore di Sanità animale e Igiene delle produzioni zootecniche Rimini: “Controlliamo il benessere degli allevamenti”

Controlli a sorpresa, ispezioni a farmacie e scorte di farmaci, campionamenti dei mangimi. «Così controlliamo il benessere negli allevamenti di animali».
A fare il punto è Davide Fabbri, direttore di Sanità animale e Igiene delle produzioni zootecniche Rimini.
Fabbri, cosa è emerso dai controlli del 2024 sugli stabilimenti di produzione e allevamenti per la verifica del benessere e della salute degli animali?
«Gli allevamenti presenti sul nostro territorio sono purtroppo in continuo e costante declino numerico sia per la modifica del tessuto sociale sia per la difficoltà economica nel mantenimento degli stabilimenti in linea a norme in continua evoluzione. Nel corso dell’anno appena concluso si sono riscontrate alcune non conformità, seppur minori, che non hanno portato a conseguenze per gli animali ma hanno rappresentato uno stimolo per gli operatori nel migliorare il loro management. Un esempio? La valutazione del benessere nel settore suinicolo del territorio si è posizionato sopra la media nazionale».
Nel Riminese esistono impianti adibiti alla sperimentazione con animali?
«Nessuno. C’è tuttavia uno stabilimento di recentissima istituzione in cui vengono prodotte uova di pesce per essere destinate a uno stabilimento fuori dal nostro territorio: una struttura da cui escono uova embrionate che potrebbero anche raggiungere il circuito degli acquariofili e del commercio hobbistico».
Nel 2024 si sono registrate tossinfezioni o allerte che interessano mangimi?
«Tra i casi, uno ha interessato del mangime destinato ai rettili. Lo scarso prodotto ancora in distribuzione è stato ritirato dal commercio e distrutto dopodiché non si sono avute comunicazioni su eventuali effetti negativi del mangime già distribuito sul territorio nazionale. Un’altra allerta ha interessato del mangime per bovini. Anche in questo caso le azioni di screening hanno permesso la tempestiva eliminazione del lotto interessato dal luogo di produzione».
Di recente sui media nazionali è spuntata la polemica per gli alti costi delle medicine destinate agli animali. Si sostiene che i principi attivi siano gli stessi dei medicinali corrispondenti per gli esseri umani e che quindi imperi un business della case farmaceutiche. Cosa ne pensa?
«Per quanto di nostra competenza si suggerisce solo uno spunto di riflessione. I farmaci veterinari riconoscono quasi in toto l’iter autorizzativo di quelli umani che tuttavia sono prodotti e distribuiti in quantità più alta. Ne deriva che i costi di registrazione e immissione in commercio non possono, per quelli veterinari, essere “spalmati” su un bacino ampio come quelli per uso umano, determinandone così un costo percepito maggiore. Anche se alcuni farmaci umani e veterinari contengono gli stessi principi attivi non possono essere considerati uguali perché vengono prodotti con eccipienti, dosaggi, sostanze palatibili diverse. Da ultimo, ma non di minor importanza, l’Autorizzazione immissione al commercio prevede quale sia l’uso specifico del farmaco e la specie di destinazione. Ricapitolando sono commercializzati farmaci veterinari contenenti solo molecole o gruppi di molecole previste dalla normativa. Non è dunque possibile immettere sul mercato farmaci contenenti principi attivi diversi da quelli già previsti in elenchi normati. Al contrario in ambito umano la ricerca identifica molecole sempre migliori e permette la successiva immissione sul mercato di prodotti sempre più efficaci».
Quali sono i farmaci veterinari più usati dai romagnoli per i loro animali?
«Se consideriamo il parafarmaco e gli animali d’affezione, i prodotti con più ampia distribuzione sono gli antiparassitari. Quanto ai farmaci, le sostanze antimicrobiche sono invece quelle più usate. Da qualche anno si è rivolta l’attenzione sull’uso corretto degli antimicrobici. Il divieto di uso di alcune molecole e l’uso appropriato di altre fa parte di un altro piano di grande importanza: il Piano nazionale antimicrobico resistenza. L’obiettivo è quello di evitare lo sviluppo di ceppi patogeni antimicrobico-resistenti che potrebbero dare seri problemi in ambito umano. Viene così permesso l’uso solo di alcuni gruppi di antimicrobici sugli animali riservando l’uso delle molecole di nuova generazione solo alla specie umana. Oltre che ispezionare le farmacie e le scorte dei farmaci delle strutture sul territorio, la nostra unità effettua ogni anno numerosi campionamenti a sorpresa su diverse matrici, dai mangimi al plasma, sia negli allevamenti che sugli animali, anche quelli conferiti al macello. Nonostante il ventaglio di campioni effettuati, l’ampia gamma delle molecole ricercate e la diversità di matrici esplorate, non si sono riscontrate irregolarità. Segnale, questo, che le produzioni del territorio sono rispettose delle norme».