“Io, ingegnere da Rimini a New York: qui ho realizzato tutti i miei sogni”

Rimini

Da Rimini a New York, «la città dove si realizzano i sogni». Il 40enne Davide Agostini ha studiato Ingegneria edile all’Università di Bologna per poi conseguire la laurea specialistica a Ancona. Dopo una breve esperienza nell’ambito delle costruzioni presso una realtà marchigiana, nell’ottobre del 2011 è entrato nel Gruppo Focchi, la nota azienda fondata nel 1914 a Rimini, dove tuttora lavora. Dopo un periodo di formazione in vari ambiti, da quello tecnico al settore preventivi e gestioni, si è visto assegnare le commesse per l’estero. Sono seguiti sei anni in Gran Bretagna, dal 2012 al maggio 2018, dove ha monitorato vari progetti, tra i quali la Power Battersea station.

Agostini, a quando risale l’avventura in America?

«Sono partito nel maggio 2018 diretto a New York per lavorare nella Focchi North America Corporation, nata nel 2016, dove mi occupo della gestione dei progetti nonché della parte commerciale, dal progetto alla chiusura dei lavori, compresa la gestione dei clienti».

Da quante persone è composta la sua squadra?

«In ufficio siamo una decina di persone e lavoriamo in partnership con due aziende di installatori, nonché 20 operai e un paio di responsabili che seguono la fase di assemblaggio in Connecticut, dove di recente abbiamo aperto uno stabilimento di produzione».

Cosa racconterà un giorno ai suoi nipotini dell’America?

«A New York sono arrivato per la prima volta in vacanza, subito dopo il diploma. Ero in compagnia di un carissimo amico. Ci eravamo ripromessi di partire appena possibile, spinti da un forte slancio, subito dopo l’attentato dell’11 settembre 2001. Per entrambi era la prima volta all’estero e siamo rimasti conquistati da quest’esperienza, a partire dalle luci e dallo skyline della Grande Mela. Una reazione emotiva, la nostra, difficile da raccontare: dopo quel viaggio ho sempre cercato di tornare e Focchi me ne ha dato la possibilità».

Un difetto del sistema americano?

«È un ambiente estremamente competitivo, quasi da coltello fra i denti, ma le opportunità che offre per crescere non esistono altrove. Il gruppo Focchi gestisce in modo globale ogni progettazione dal design fino alla posa dell’opera in cantiere e ha realizzato sei opere: gli uffici alla Solar Carve Tower, il nostro primo progetto negli States, gli uffici alla 125 West 57th Street, la torre residenziale alla Columbia University, l’edificio direzionale e commerciale al 1508 Coney Island di Brooklyn e gli uffici in 101 Franklin Street, oltre all’edificio direzionale del Domino Sugar Refinery di Brooklyn».

Progetti dietro l’angolo?

«Il post Covid ha rallentato il mercato che comunque procede per cicli. Al momento lavoriamo, quindi, sulle relazioni per poi agganciarci al prossimo momento di ripresa. La differenza con l’Italia? Lo smart working, viste le distanze americane, è molto gettonato anche dopo anni dalla pandemia. Una scelta, questa, che ha lasciato deserti gli uffici, a fronte di una minore richiesta di nuovi spazi. I tassi di interesse alti e l’incertezza, a un passo dalle elezioni presidenziali, fanno il resto».

Vantaggi di una vita a stelle e strisce?

«In America gira tutto più veloce e questo ritmo serrato rende più facile emergere sia come aziende sia come professionisti. La qualità, in sostanza, viene riconosciuta e apprezzata, ma attenzione: se non funzioni, sei tagliato fuori in tempi record».

Un suggerimento per i ragazzi romagnoli?

«Consiglio di investire 5-10 anni della propria vita all’estero. La mia esperienza la devo tutta alla famiglia Focchi che punta sui giovani investendo con generosità e continuando a rischiare anche in momenti storici senza precedenti. Detto questo, l’etica del lavoro romagnola e il nostro gusto innato sono valori aggiunti, molto apprezzati negli States».

In una simile carriera c’è margine per il tempo libero?

«Lavoro parecchie ore ma si tratta sempre di un gioco di squadra. Il tempo per una quotidiana decompressione occorre ritagliarselo, a prescindere, anche solo andando a correre nel verde di Central Park. Gli americani non conoscono pause nella giornata lavorativa, è vero, e fissano riunioni anche alle prime luci della mattina. Non si tratta, tuttavia, di un monte ore più alto bensì di un tempo molto produttivo e vissuto con una concentrazione e intensità estreme».

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