In Italia soli, a Rimini due fratellini realizzano il sogno del pallone
Sono arrivati una decina d’anni fa a Rimini. Soli. Senza madre e senza padre. Ma con tanti sogni da realizzare. Quelli che due fratellini di 7 e 8 anni possono avere a quell’età: tirare calci a un pallone e diventare dei bravi calciatori. Sono arrivati in Riviera con uno di quegli innumerevoli viaggi della speranza che hanno portato in Italia tanti ragazzi come loro. Alcuni non ce l’hanno fatta e sono caduti nelle grinfie della criminalità organizzata. Altri ce l’hanno fatta e sono riusciti a trasformare quel sogno in realtà. E tra questi ci sono loro. Che tra tanti sacrifici e un’enorme forza di volontà sono riusciti a passare dai campi di calcio della periferia di Rimini ai tornei internazionali giovanili.
Una storia di integrazione e di gioco di squadra tra istituzioni quella che vede protagonisti questi due giovani fratelli albanesi, ora quasi 18enni. Che vede come protagonisti principali oltre loro, anche lo sport, il calcio, e la coscienza civile riminese. Che, l’assessore ai Servizi sociali, Kristian Gianfreda, sceglie solo oggi di raccontare.
La passione che ti salva
«Quando questi due fratelli originari dell’Albania sono arrivati a Rimini all’età di 7-8 anni - svela - la loro passione per il calcio è stata subito evidente, diventando un vero e proprio faro per la loro quotidianità, un veicolo di integrazione nella comunità cittadina. Cresciuti in una comunità per minori senza genitori, nell’ambito di un progetto del Comune, i due si sono “gettati” subito nel primo campo da pallone disponibile: uno come difensore, l’altro come centrocampista, e sono entrati a far parte di una squadra locale». Scatti, rincorse, botte alle caviglie date e botte alle caviglie prese. E anche qualche bel gol realizzato, a dimostrazione di un talento in erba pronto ad emergere. Ma con un unico sogno nel cassetto: partecipare con la maglia della Polisportiva Stella a un importante torneo a Barcellona.
Il rischio che tutto finisse
«Un ostacolo burocratico ha però rischiato di fermarli a causa della mancanza di documenti necessari per il tesseramento – spiega Gianfreda -, e dall’assenza delle firme dei genitori. Anche la Fifa, interpellata dalla Federazione calcio italiana, aveva detto no alla loro partecipazione, rigettando la possibilità di un loro tesseramento, con la motivazione di preoccupazioni intorno al tema della manipolazione nei trasferimenti internazionali per la compravendita di calciatori minori». Sogno svanito. Naufragato. Un destino amaro sembrava essersi messo di mezzo tra la loro innata voglia di emergere, di indossare quell’agognata maglia numero 10, e quell’assurda e complicata realtà rappresentata dalla burocrazia.
La mano tesa
E è qui esce fuori l’umanità riminese. La forza di una comunità da sempre accogliente. «Con determinazione – puntualizza l’assessore - il personale comunale, in collaborazione con la Figc di Roma, ha iniziato ad esplorare tutte le vie legislative possibili e a sondare norme e codici, fino a individuare l’iter giusto per ottenere il tesseramento. Quello collegato a una specifica legge di bilancio 2018 applicata a tutti i calciatori minorenni sopra i 10 anni non italiani, iscritti da almeno un anno alla data del tesseramento ad una qualsiasi classe dell’ordinamento scolastico italiano. E per i due ragazzi quel sogno si è potuto trasformare in realtà». A dimostrazione che quando le istituzioni decidono di collaborare e lavorare unite non c’è lentezza burocratica che tenga. «Si è trattato di un gioco di squadra tra la comunità minori e l’amministrazione comunale – conclude Gianfreda -, che hanno tenuto un dialogo costante con la Federazione e la scuola, altro “protagonista” di questa storia a lieto fine. Un intervento plurale, dunque, che ha garantito ai due atleti la convocazione nel torneo in Spagna, e successivamente in Croazia, a testimonianza di un successo sicuramente personale, il loro, ma anche collettivo, di tutta la comunità riminese».