Il riccionese Gianluca Spadoni: «Porto in Italia una cultura diversa del fare impresa che abbia l’essere umano al centro»
Imprenditore, autore, ideatore e direttore di percorsi formativi, ma anche trainer, docente e speaker. Un curriculum sterminato quello di Gianluca Spadoni, riccionese di 48 anni, che dal 2009 si dedica alle sue passioni, prima su tutte la crescita personale e professionale. Le sue aule hanno registrato più di 500mila presenze ed è autore di 6 libri, giunti a 18 riedizioni, per un totale di oltre 50mila copie vendute.
Spadoni, il suo precedente lavoro come consulente nell’ambito previdenziale-finanziario ha dato spunti all’attuale attività?
«Ogni lavoro che facciamo ci prepara a quello successivo. Fare il cameriere d’estate, appena adolescente, mi ha insegnato l’accoglienza che mi è tornata utile quando ho gestito locali dove ho imparato marketing, vendita e organizzazione. Insegnamenti validi anche nei successivi 13 anni in cui ho lavorato come supervisore e gestore di reti distributive nel settore dei servizi finanziari. Quanto appreso lì, nell’ambito della comunicazione e del coinvolgimento delle persone, mi ha infine aiutato nell’attività che conduco da 15 anni: portare in Italia una cultura diversa del fare impresa che abbia l’essere umano al centro e che parta dai suoi bisogni».
Lei è stato major partner di Anthony Robbins, il più grande formatore motivazionale e life coach del mondo. Come l’ha conosciuto e cosa ha imparato da lui?
«L’ho conosciuto partecipando a un suo corso a Milano. Era il 1998 ed è stato l’incontro che ha cambiato la mia percezione e visione delle cose. Avevo 22 anni e grazie a lui ho dato un significato diverso a alcuni punti deboli che mi riconoscevo. Il primo? Quando sei giovane vedi l’età come un limite anziché un vantaggio. In quel frangente ho capito inoltre che la vita è per il 10% quel che succede ma per il 90% come noi reagiamo a quanto succede. La vera abilità, di conseguenza, è concentrarci su ciò che abbiamo e non su ciò che ci manca. Da allora ho imboccato una strada diversa: quella del miglioramento costante. Dal 2011 ad oggi è nata una vicinanza che ha portato me e Anthony a diventare co-organizzatori di quello stesso evento a Rimini».
Un suo libro si intitola “Storie di pescatori di uomini”: definirebbe così il suo lavoro con un paragone biblico?
«Mi trovo spesso a dire, con un sorriso, e come i Blues Brothers, che sono in missione per conto di Dio. In questa fase storica c’è bisogno di incontrarsi e proiettarsi in avanti con un po’ di ottimismo. Viviamo infatti in un paradosso temporale».
Perché?
«Il 2024 è il momento migliore di tutti i tempi, dall’istruzione all’economia. Sono figlio di genitori che hanno frequentato la scuola sino alla quinta elementare e di 4 nonni, tutti analfabeti. Un tempo si moriva di appendicite. Eppure oggi abbiamo una percezione pessimistica di ciò che accade. Si rischia di vivere guardando il passato, mentre è la speranza che ci proietta nel futuro e la consapevolezza che le cose possono migliorare che dà la forza di alzarci la mattina e dare il meglio di noi. Oramai abbiamo tutto ma mancano la speranza e una direzione. Un’epoca di nichilismo, la nostra, dove manca la voglia di avere obiettivi e costruire. È molto più facile averli quando si ha fame, pur vivendo nell’opulenza non dobbiamo perdere il desiderio che è il tesoro più prezioso. Ricordo il regista Roberto Benigni che, nel 1999, ritirando il premio Oscar ha ringraziato i genitori per avergli donato la povertà».
Cosa impedisce alla gente di avere successo?
«La povertà di sogni».
Due professioni del futuro?
«Secondo gli indicatori avranno un vantaggio competitivo sia i cosiddetti sacerdoti digitali sia le professioni stem (discipline scientifico tecnologiche, ndr). Io invece punto i fari su quanto ha a che vedere con esseri umani e comunicazione, in primis su chiunque abbia a che fare con la vendita e dimostri di meritare la fiducia delle persone. Ha un super potere anche chi svolge attività di ascolto e unione perché affermiamo a torto di essere nell’età della comunicazione mentre viviamo in quella dei mezzi di comunicazione che avvicinano chi è lontano e allontanano chi è vicino».
Elementi essenziali per farsi ascoltare?
«Per essere ascoltati bisogna essere credibili e per essere credibili bisogna essere buoni esempi di ciò che si chiede agli altri. L’unica arma di persuasione di massa è la verità».
Un progetto futuro?
«Il mio settimo libro che sarà dedicato ai giovani. Raccoglierà 13 interviste a altrettanti nomi celebri in diversi ambiti: istituzioni, cultura, sport e spettacolo. Ognuno dialogherà con il se stesso ventenne di decenni prima».
Una domanda che vorrebbe sentire ma non emerge in nessuna intervista?
«Se tornassi indietro, faresti tutto come hai fatto?».
La sua risposta?
«Assolutamente sì e senza risparmiarmi. Verremo giudicati in base all’amore. Per le ore di sonno sacrificate, i chilometri macinati e tutte le volte che abbiamo preferito gli altri a noi stessi».