Il Comune di Riccione sconfitto al Tar: se il residence non rende abbastanza può trasformarsi in un’abitazione civile

Rimini

È legittimo trasformare una residenza turistico-alberghiera in abitazione civile se la gestione dell’attività ricettiva risulta «antieconomica» e quindi insostenibile per le tasche del titolare: lo ha stabilito il Tribunale amministrativo regionale con una sentenza che, annullando il diniego opposto a suo tempo dal Comune di Riccione, accoglie il ricorso della società Brosinvestments, tutelata dall’avvocata Susanna Cavallina. Un pronunciamento che potrebbe fare da precedente importante per tanti casi analoghi presenti sulla riviera romagnola, e non a caso il Tar stesso evidenzia «la novità delle questioni esaminate» nel disporre la compensazione delle spese di lite.

La vicenda

Brosinvestments ha acquistato nel luglio del 2022 una porzione dell’immobile al civico 1 di viale Molari, la residenza turistico-alberghiera White Suite, precedentemente guidata dalla Relax s.r.l. - Case & Vacanze con la formula “rent to buy”. Dopo la compravendita, nel settembre del 2023 il privato ha chiesto al Comune il cambio di destinazione d’uso, da Rta a civile abitazione, sulla base di una relazione tecnica allegata: in sintesi, dopo «una valutazione preliminare di antieconomicità dell’attività alberghiera nelle forme della residenza turistico alberghiera», e vista «l’esiguità del numero di alloggi in rapporto alle spese generali di gestione», si doveva concludere per «la non sostenibilità di una attività di Rta con soli nove alloggi disponibili, a dispetto della collocazione territoriale». Insomma, non conveniva dare continuità all’attività ricettiva. Il Comune, circa un mese dopo, ha però espresso il proprio parere negativo sulla richiesta appellandosi ad un cavillo del proprio Regolamento urbanistico ed edilizio: è vero - è stata la risposta - che il Rue consente di rimuovere il vincolo di struttura ricettiva di fronte ad una acclarata insostenibilità economica, ma non nel caso in cui le Rta si trovino in aree classificate come “Zona turistica ad elevata qualità funzionale e ambientale”, come nel caso di specie.

Il Tar, però, è di un altro avviso: in sentenza si sostiene infatti che il Rue vada disapplicato quando confligge con la legge regionale e la Costituzione, fonti del diritto superiori.

La norma regionale, scrive infatti il giudice estensore Jessica Bonetto, «ammette in generale la possibilità di rimozione del vincolo a fronte dell’accertata antieconomicità della gestione della struttura, senza prevedere eccezioni».

E, se non bastasse la legge regionale, c’è appunto la Costituzione, in particolare gli articoli 41 e 42 su proprietà privata e libertà di iniziativa economica, in base ai quali si osserva che, in casi come quello al centro del ricorso, non possono sorgere «divieti assoluti che si tradurrebbero in un vincolo inderogabile a tempo indeterminato». In definitiva, il vincolo alberghiero è utile «ad accordare una tutela prioritaria allo sviluppo del settore turistico ritenuto strategico per l’economia nazionale, evitando di snaturare i tessuti turistico-ricettivi e forme di speculazione specie in località di particolare pregio», ma «non può essere assoluto», nemmeno nei casi specifici delle Rta, «non essendovi ragioni oggettive che giustifichino una tale disparità di trattamento, anche sotto il profilo costituzionale, tenuto conto che entrambe le categorie di strutture hanno finalità ricettive».

E così il diniego del Comune è «illegittimo» e va annullato «per difetto di istruttoria».

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