Fermò i manifesti “Pro vita” contro la pillola abortiva: il Consiglio di Stato dà ragione al Comune di Rimini
Nel 2020 la giunta comunale di Rimini negò all’Associazione Pro vita e famiglia l’autorizzazione ad affiggere un centinaio di manifesti contro la pillola abortiva Ru486 e i Pro vita fecero ricorso, ma prima il Tar e ora anche il Consiglio di Stato (con una sentenza di ieri) danno ragione all’amministrazione. I manifesti in questione, ricorda la sentenza, ritraevano l’immagine di una donna stesa per terra, apparentemente priva di coscienza o addormentata con una mela rossa accanto (rievocando la favola di Biancaneve), accompagnata dalle scritte: “Prenderesti mai del veleno? Stop alla pillola abortiva Ru486. Mette a rischio la salute e la vita della donna e uccide il figlio nel grembo”.
In caratteri più piccoli, sui manifesti c’era scritto “Campagna di sensibilizzazione promossa da Pro Vita & Famiglia Onlus per la tutela del diritto fondamentale alla vita (art. 2 Cost.) e del diritto alla salute (art. 32 Cost.) sui rischi della somministrazione della pillola Ru486. La giunta negò dunque all’associazione di affiggere i manifesti, rendendo quanto versato per i diritti di affissione (67 euro) e i Pro vita fecero ricorso, contestando, tra le varie cose, il potere autorizzativo della giunta sui messaggi sociali, parlando di una “censura non ammessa” e chiamando in causa l’articolo 21, comma 1, della Costituzione, come pure il comma 2, “in quanto i manifesti di comunicazione sociale godono della tutela prevista per la libertà di stampa”.
Il Comune, dal canto suo, tra le sue motivazioni, replicò mettendo in evidenza che un medicinale in commercio, approvato dall’Aifa e dal ministero della Sanità e che quindi non poteva essere associato a un veleno.
Ieri, quindi, il Consiglio di Stato ha dato ragione a Palazzo Garampi, il quale esprime soddisfazione perché “prima il Tar e quindi il Consiglio di Stato hanno riconosciuto le ragioni dell’ente pubblico nei confronti di un messaggio scientificamente infondato e fuorviante. L’intervento del Comune di Rimini è stato dunque pienamente giustificato”, è il commento dell’amministrazione.