Dopo il Tour, Corsini cerca il colpaccio: «Le Olimpiadi, perché no?»

Rimini

«Portare qui le Olimpiadi? Complicato, ma anche il Tour de France sembrava un sogno quasi irrealizzabile quando abbiamo iniziato a lavorarci, quindi dico: perché no?». Suggestioni da dopo Tour, ma non così fantasiose per l’assessore regionale a infrastrutture, mobilità e turismo Andrea Corsini: il tandem fra le regioni Toscana e Emilia-Romagna che ha fatto approdare in Italia la corsa ciclistica più importante al mondo è lo stesso che un paio di anni fa aveva lanciato l’idea di Giochi Olimpici in accoppiata tra Firenze e Bologna, con i territori limitrofi a traino, Romagna compresa. Il sogno di arrivare al traguardo per l’edizione del 2032 è tramontato, e lo stesso vale per l’appuntamento del 2036, ma il successo della partenza della Grande Boucle è uno di quei biglietti da visita che non si possono ignorare: «Si tratta di due regioni - aggiunge Corsini - che sarebbero in grado di organizzare questo evento. Ma ora godiamoci il Tour».

Indotto record

Al di là del libro delle utopie, il passaggio della corsa gialla lascia molteplici eredità alla Romagna, a cominciare da numeri mai visti. Lo studio commissionato dalla Regione per misurare l’impatto parla di quasi un milione di spettatori ad assistere alle prime due tappe e 150mila presenze registrate negli alberghi. A ciò si aggiunge «un indotto diretto da 59 milioni di euro, di cui 29 in Emilia-Romagna, più l’indotto e i benefici indiretti a livello nazionale per ulteriori 47 milioni, con altri 13 milioni sulle aziende della filiera del ciclismo». E non finisce qui: «Ora questo successo va capitalizzato - sottolinea Corsini - per fare della Romagna una terra ancora più attrattiva. La ricetta sta nelle politiche di promozione e negli investimenti per potenziare le infrastrutture legate al cicloturismo, un segmento di mercato che potrà darci grandi soddisfazioni. In molti vorranno tornare sulle strade percorse in questi giorni dai campioni del Tour, si potrebbe realizzare una mappatura con una campagna ad hoc».

Nel segno del Pirata

Oltre all’eredità economica, però, la Grande Boucle ne lascia anche una di carattere morale, e non solo perché, come ribadisce Corsini, con una organizzazione perfetta un anno dopo l’alluvione «la Romagna ha dimostrato di saper reagire alla grande a eventi catastrofici»: a 20 anni dalla scomparsa, l’omaggio a Marco Pantani ha riverberato in tutto il mondo un amore che è destinato a non estinguersi e, anzi, viene tramandato anche a chi doveva ancora nascere quando il Pirata si involava su cime aguzze. «Marco sarebbe stato su una cabrio con il pizzetto giallo a braccia alzate per seguire la corsa e salutare il suo popolo - commenta Vittorio Savini, suo storico allenatore e fondatore del Club Magico Pantani di Cesenatico -. Nemmeno Pogacar, per quanto grande, riesce a dare lo spettacolo che regalavano i suoi scatti. La memoria di Marco resta viva, anche nei bambini di 6 o 7 anni, come ho visto con i miei occhi: è una catena che non si spezzerà mai».

Goliardia

Slancio verso il futuro e una storia epica da custodire preziosamente. In mezzo c’è stata tutta la veracità che sa regalare la Romagna, con qualche tocco di goliardia, come quello del tifoso in cyclette sui colli di Valle del Savio, in mano una pinta di birra invece della borraccia d’ordinanza. I fotogrammi che lo riprendevano sono diventati virali in tutto il mondo, mentre ha avuto meno fortuna chi sulla Gallisterna ha abbassato i pantaloni per mostrare a favore di telecamera la parte del corpo che solitamente si appoggia sulla sella: i francesi si sono scervellati tradurre il termine “pataca”.

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