Da Rimini alle basi dell’Himalaya. “Così realizziamo i nostri gioielli”

Rimini

Da Rimini all’India e ritorno, «In cerca di un paradiso per realizzare gioielli etnici». Si definisce un artista nomade il 49enne riminese Francesco “Vajra” D’Agostino che sei mesi fa è volato in India con la compagna 40enne, Sara Fabbri, con cui condivide le stesse radici.

Vajra, dove vi trovate adesso?

«Viviamo a Kasar Devi nell’Uttarakhand, alle basi dell’Himalaya. Ma stiamo progettando il ritorno in Italia».

Perché?

«Come artisti siamo alla ricerca di luoghi dove lanciare progetti che uniscano arte, spiritualità e benessere. Organizziamo workshop creativi di manualità per la realizzazione di gioielli etnici. Conduciamo una vita semplice e cerchiamo realtà che offrano esperienze stimolanti, per collaborazioni, in un clima di serenità».

Di cosa vi siete occupati prima di dedicarvi all’arte?

«Dei più disparati ambiti. Per quel che mi riguarda, ho lavorato come libero professionista e tatuatore, ma sono stato anche guida ambientale escursionistica, istruttore di sopravvivenza e outdoor educator. Quanto a Sara è stata educatrice nella disabilità, infermiera, oltre che insegnante nella scuola di base, dell’infanzia e primaria».

Dove vorreste trasferivi, dopo il rientro in Romagna?

«La Valmarecchia ci sembra un’ottima meta ma ancora non sappiamo bene come sistemarci una volta arrivati in Italia. Negli ultimi anni ho anche vissuto all’interno di un bosco».

Avete viaggiato molto prima di approdare in India?

«Potrei elencare vari Paesi europei, come Spagna, Slovenia Inghilterra, Germania e Olanda, ma non si è mai trattato di soggiorni lunghi».

Come definirebbe i gioielli che realizzate? Da dove attingete l’ispirazione?

«I nostri gioielli nascondono da ispirazioni diverse, a volte da sogni, in cui il monile si è materializzato visivamente nella sua forma; altre volte visitando luoghi sacri e templi dove architettura, colori, sculture e immagini che ci hanno ispirati. Anche per questo il nostro stile ricorda l’arte etnica e tribale».

Cosa vi ha insegnato la permanenza in India?

«L’India ci ha dato la possibilità di imparare questa arte meravigliosa ma soprattutto di esprimere la nostra anima. Sul fronte della spiritualità, questo Paese ci ha trasmesso la sacralità della vita quotidiana, fatta di piccoli gesti di gentilezza e cortesia da parte delle persone che abbiamo incontrato. Abbiamo imparato infine che questo paese non è il terzo mondo come si dice perché la ricchezza di questo popolo sta nel senso di fratellanza, aiuto reciproco e sostegno che lo caratterizza, pur non possedendo alcuna ricchezza materiale».

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