Da Rimini a Disney World, Hawaii e California. La manager: “Ecco com’è cambiata la mia vita”

Rimini

Da Walt Disney World alle telecomunicazioni. Inizia da lontano l’avventura di Barbara Migani, 52enne riminese doc. Ora abita a San Diego, in California, ma ha vissuto nel paesaggio selvaggio delle Hawai e nella favola creata in Florida, a misura di bambino, da Disney.

Migani, partiamo dall’inizio.

«Tutto è cominciato 27 anni fa quando sono volata negli States, subito dopo la laurea, per uno stage alla Walt Disney World. Lavoravo in uno dei dieci padiglioni, quello che rappresenta l’Italia, dedicandomi al merchandising, tramite un visto apposito della durata di un anno. In precedenza il mio impegno si era dispiegato in un noto parco tematico di Riccione, l’Aquafan, ma i viaggi sono sempre stati la mia passione. Quanto al mondo Disney mi ha insegnato tanto, soprattutto che “la vita ha il gusto che le dai”. Detto questo, doveva trattarsi solo di un anno sabbatico ma a due mesi dalla fine ho incontrato un musicista americano, Steven Pearson, e Cupido ha scoccato la fatidica freccia. Era il 1999 e dopo mesi trascorsi a rincorrerci in viaggi mordi e fuggi, da un continente all’altro, siamo convolati a nozze nel 2000. All’epoca Steven militava nel gruppo dei Rondó Masquerade, uno spin off dei Rondó veneziano. Il tempo ci ha dato ragione: oggi abbiamo un figlio di 17 anni, Nicholas che ha la doppia cittadinanza, è bilingue e sa chiudere i tortellini come un romagnolo doc».

Di cosa si è occupata dopo il matrimonio?

«Sono rimasta alla Disney ma stavolta a tempo indeterminato. Dal merchandising, il mio ruolo si è dirottato su uno dei resort formato famiglia e grazie alla gavetta sono passata dal front desk al ruolo di referente per le convention. Sono rimasta altri tre anni finché dopo l’11 settembre il “clima” americano era così mutato da indurci a tornare a casa. Dal 2003 Riccione ci ha accolto, su invito di Claudio Villa al timone dei parchi tematici, e in previsione dell’apertura imminente di Oltremare poi festeggiata l’anno seguente. Con l’occasione mio marito ha iniziato una collaborazione con Pino Daniele».

Quanto è durata la parentesi romagnola?

«Otto anni dopodiché siamo volati alle Hawaii. Il che equivale a aver vissuto molte vite, in una sorta di privilegio che cerco di meritare ogni giorno. Dopo l’esperienza maturata nel merchandising ho mosso i primi passi nel mondo delle vendite, in veste di manager, prima per un’azienda legata a Louis Vuitton e poi per La Perla che mi aveva cercato di persona. Così, un foglio del calendario dopo l’altro, passati altri otto anni».

Perché spostarsi in California?

«Le Hawaii distano 18 ore di volo dall’Italia e tagliare in parte l’abissale distanza ci è sembrato il giusto tributo alla mia famiglia di origine. In più San Diego offriva un’istruzione migliore per nostro figlio e, almeno all’epoca, un carovita più accessibile delle Hawaii anche se, dopo la pandemia, i rincari si sono fatti sentire un po’ ovunque. Ma c’è dell’altro: ormai avvertivo quella sensazione che gli americani chiamano Rock Fever (paura della roccia)».

Di cosa si tratta?

«Sebbene qualunque isola dell’arcipelago vulcanico sia un paradiso, dopo qualche tempo, alcuni residenti si sentono mancare l’aria perché le Hawaii costituiscono pur sempre il punto più remoto dalla terra ferma, a sei ore dal continente più vicino».

Cosa c’è di romagnolo in casa sua?

«La pasta fresca. Tra gli amici siamo famosi per le nostre serate».

Un difetto degli americani?

«Premetto che sono gentili e aiutano a sbrigare le questioni pratiche senza nascondere la testa sotto la sabbia. Ma quando è il momento di esserci l’uno per l’altro, si dimostrano molto superficiali. A parecchi ricordano i lupi che si ritirano nella tana senza esser capaci di quell’aggregazione che connota chi vive gioie e dolori assieme».

Un’altra opportunità unica per suo figlio?

«Nicholas sogna di diventare pilota dell’Air force. Un’amica che era nei Navy Seals ci ha messo al corrente di un programma nazionale sponsorizzato dall’aviazione americana per giovani dai 12 ai 18 anni. Così da un biennio mio figlio è entrato nei Navy Seal patrol, che offrono una preparazione a 360 gradi: dal volo su alianti e velivoli a motore sino al volontariato passando per lo studio inclusa la ricerca dei dispersi. Un viaggio anche dentro se stessi che vede anche la mia iscrizione».

Perché vivere dall’altra parte del mondo?

«Ogni viaggio rende più affamati di nuove culture pur rafforzando le proprie radici. Mi sento prima romagnola che italiana e mi sfuggono frasi del tipo: “Il lungomare di Honolulu o Santa Monica mi ricorda molto Riccione”. Tant’è che mio marito allarga le braccia e ormai gli amici mi anticipano con uscite come: “Guarda lì, è quasi bello come la Romagna”».

Perché rimanere?

«In America ci si può reinventare mille volte al netto dell’origine e dell’età. Un passaggio, non scontato altrove, di cui sono molto grata».

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui