Bagnini, barricate contro l’ordinanza della Capitaneria: «Va annullata o sospesa per due mesi»

I bagnini non retrocedono di un centimetro. E, certi delle proprie ragioni, bussano con decisione alla porta della Capitaneria di porto di Rimini. Per chiedere la revoca o la sospensione dell’ordinanza di sicurezza balneare e per avvertire l’organo militare di un possibile ricorso al Tar.
Eloquente il contenuto della lettera inviata dai legali del Consorzio bagnini di Rimini alla comandante Giorgia Capozzella: «Chiediamo di disporre l’annullamento o la revoca dell’Ordinanza di sicurezza balenare 2024 in quanto illegittima e inopportuna. In ogni caso si chiede, in applicazione della facoltà di deroga prevista all’articolo 16 dell’Ordinanza, di volerne sospendere gli effetti per il tempo necessario ad acquistare e posizionare i segnali previsti dall’articolo 7 (le boe o i pali di 1,5 metri di altezza, ndr), che sarà possibile non prima di 60 giorni. Il tutto – precisano i legali del Consorzio – con ampia riserva di gravare detta Ordinanza dinanzi al giudice amministrativo, anche in relazione alle ulteriori prescrizioni lesive dei diritti e degli interessi dei consorziati». Insomma, un sollecito a fare un passo indietro quello lanciato dagli operatori balneari nei confronti della Capitaneria. Anche per la tempistica strettissima indicata in ordinanza: tutte le misure di sicurezza sarebbero dovute scattare sabato scorso (installazione boe o pali, e acquisto di fischietti, megafoni, bombole d’ossigeno, rullo di salvataggio). «La sola circostanza che l’ordinanza sia intervenuta appena dieci giorni prima della data di avvio dell’attività balneare – fanno notare i legali del Consorzio bagnini - configura di per sè causa di illegittimità di tale provvedimento in ragione della non congruità del termine assegnato. Poiché l’acquisto, prima, ed il successivo posizionamento, poi, della segnaletica richiedono tempi ben più lunghi rispetto ai dieci giorni concessi: si tratta, infatti, di reperire e posizionare circa 500 gavitelli, altrettanti sistemi di ancoraggio, cime, catene, pali. Tra l’altro – puntualizzano i legali - oltre a porsi in conflitto con i più basilari principi di “buona amministrazione”, le richiamate prescrizioni risultano manifestamente irragionevoli e sproporzionate rispetto alle finalità perseguite».