Rimini. Chiude la storica edicola Pironi: «Bei tempi quando aprivamo e c’era già la fila»

Rimini

Chiude dopo 40 anni l’edicola Pironi, sorta nel centro di Rimini prima della seconda guerra mondiale. Gestita da due generazioni della famiglia Pironi, la storica rivendita ubicata in piazza Tre Martiri all’angolo con via Garibaldi, resterà vuota dal 21 dicembre. Ne ripercorre la storia Mario Angelo Pironi, detto “Lello”, ora 79enne, che abbasserà la saracinesca per sempre tra la sorpresa e il dispiacere dei riminesi.

Quando ha aperto?

«Nel 1985. Mia figlia Roberta mi ha affiancato finché nel 2005 sono andato in pensione affidandole le redini. Torno spesso a dare una mano e all’ora di pranzo la mando a casa perché si ritagli una pausa».

Quanti quotidiani si vendevano nel 1985 in un giorno?

«Un migliaio di copie a fronte delle 100-150 di oggi. Delle riviste oltre 200 mentre ora ce ne consegnano 20 e avanzano pure. Un tempo leggevano tutti, senza distinzione, adesso solo gli anziani. In compenso nei bar si litigano il giornale».

I villeggianti assicurano una boccata d’ossigeno?

«In realtà acquistano solo souvenir. Il paradosso è che dal periodo delle gite scolastiche sino all’estate vendiamo più oggettistica che giornali. A fare la differenza invece erano i turisti russi che facevano incetta di riviste di moda. La loro assenza è stata l’ultima goccia».

Un ricordo che suscita nostalgia?

«Quando aprivamo c’era già la fila: i clienti aspettavano l’arrivo dei giornali con noi. Dopo restavano a commentare le notizie di politica e sport. Oggi prima delle 10 la piazza è un mortorio, perché il centro è un crocevia di passaggio. Le domeniche di una volta avevano un’altra ritualità: dall’acquisto delle paste al passaggio in edicola».

Perché le vendite sono crollate?

«Le cause sono diverse: dall’avvento dei giornali online, agli abbonamenti che gli editori propongono a prezzo stracciato tagliandoci le gambe, passando per i centri commerciali che vendono di tutto un po’».

Un periodo indimenticabile?

«La pandemia. Anche se è brutto dirlo, durante il Covid la gente ha riscoperto le edicole. Le riviste di enigmistica erano gettonatissime. Era una scusa per mettere il naso fuori di casa ma ha riportato all’indietro le lancette concedendoci una tregua».

Qualcuno compra più di un quotidiano?

«Al massimo uno e se per caso quel giorno c’è un supplemento lo lasciano lì. Quanto alle riviste, le azzoppa il messaggio ingannevole dei cosiddetti omaggi o doni inclusi per cui, in realtà, bisogna sborsare qualche euro in più».

Perché chiudete?

«Le spese, dalla luce al riscaldamento, sono più alte delle entrate. Un vero peccato perché non mi pesavano i sacrifici, dalla sveglia all’alba al freddo che congela il corpo a partire dai piedi. A ripagarci degli sforzi sono le due generazioni di clienti che ci chiamano per nome. In piazza di tre chioschi ne resterà uno solo, ma neanche quando uno di noi andava in ferie miglioravano gli affari dell’altro».

Clienti famosi?

«Federico Fellini che comprava anche molti settimanali ma anche politici come il democristiano Giulio Andreotti che chiedeva tutte le testate inclusa l’Unità».

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