L'affare dopato degli integratori: 13 indagati tra Cesena, Rimini e San Marino VIDEO

I Finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Rimini stanno eseguendo un decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Rimini, di attività finanziarie, beni immobili e beni mobili registrati per oltre 7,3 milioni di euro, somma corrispondente al profitto del reato commesso da tredici soggetti dediti alla promozione e realizzazione, sull’intero territorio nazionale, di una struttura di vendita, asseritamente fondata sul network marketing, ma – in concreto – fondata sul mero reclutamento di nuovi soggetti e, pertanto, vietata dalla Legge 173/2005 in quanto conforme al sistema illegale delle «vendite piramidali».

L’attività, che si trova nella fase delle indagini preliminari, è stata diretta e coordinata dalla locale Procura della Repubblica e ha permesso di individuare nel territorio riminese l’apice della rete di vendita di una società, avente formalmente sede a Milano e operante nel settore delle vendite “porta a porta”, la quale commercializzava i prodotti del proprio gruppo multinazionale (integratori alimentari) sull’intero territorio nazionale. Sono stati così denunciati n. 13 soggetti quali figure apicali della struttura di vendita piramidale e proposto, nei loro confronti, il sequestro preventivo ai fini della confisca, del profitto illecito quantificato in oltre 7,3 milioni di euro. Degli indagati, tutti incensurati, due sono cittadini sammarinesi, uno romano, uno foggiano e gli altri romagnoli (Rimini, Pesaro, Cesena).

Il GIP riminese, in accoglimento della proposta avallata dalla Procura della Repubblica, ha disposto il sequestro ora in esecuzione mediante l’aggressione patrimoniale di immobili e disponibilità finanziarie.

L'organizzazione nel mirino

  • la società commercializzava nel territorio italiano i prodotti della capogruppo statunitense, acquistandoli – come predeterminato nella pianificazione fiscale per l’area EMEA (EuropaMedio Oriente e Africa) – dalla sua diretta controllante olandese. Le vendite ai consumatori finali nazionali, in considerazione del precedente acquisto intracomunitario, generavano in capo ad essa un ingente debito IVA, mai versato nelle casse dell’Erario. Tale condotta, ripetuta negli anni, in considerazione del superamento dellimite oggettivo previsto dall’art. 10-ter del D.Lgs. 74/2000, ha integrato almeno allo stato delle indagini, un quadro di gravità indiziaria del delitto di Omesso versamento di IVA nei confronti del rappresentante legale.
  • a partire dal 2015, nella provincia di Rimini si era instaurato il primo nucleo di incaricati alle vendite (promoter) dell’impresa in argomento. È in questo territorio, infatti, che i leader fondatori della rete di vendita hanno cominciato l’attività di affiliazione e reclutamento che li ha portati a gestire, nel complesso, una struttura piramidale composta da oltre 10.000 persone. Tra queste migliaia figuravano sia persone in cerca di prima occupazione, e che hanno investito - depauperandoli - i propri risparmi per inseguire il sogno di scalare la gerarchia della struttura di vendite, sia persone che, illuse dal progetto, hanno addirittura abbandonato la precedente attività lavorativa; sono loro le reali parti offese del sodalizio criminale, spesso anche inconsapevolmente.
Il reclutamento avveniva sui social network, attraverso piattaforme digitali, ma principalmente nel corso di eventi in presenza e in grande stile presso strutture molto appariscenti e famose come palasport e aree meeting di grandi alberghi, ubicati nei principali capoluoghi e della capitale. Nel corso di tali incontri i vertici descrivevano il proprio successo e quello degli “ ambassador”, soggetti che da zero e in poco tempo erano riusciti a scalare la struttura arrivandone all’apice, delineando e descrivendo le metodologie di ricerca di nuovi “adepti” e i risultati economici cui, di conseguenza, era possibile giungere.

Centrale per le indagini è stata la decodificazione del “piano incentivi”, che delineava tutte le varie tipologie di provvigioni riconosciute. L’approfondita analisi della documentazione acquisita nonché delle informazioni assunte, di concerto con lo studio della giurisprudenza di riferimento, ha permesso di disvelare le connotazioni, allo stato valutate illecite, sottese al complesso e opaco piano di incentivi con il quale venivano calcolate le provvigioni, che si sono dimostrate principalmente interconnesse all’attività di affiliazione di nuovi adepti, rispetto a quanto riconosciuto per la vendita di prodotti, che risultavano essere secondari o ininfluenti.

La pericolosità sociale della condotta è emersa anche con riguardo alla gestione che i promoter sponsorizzatori («enroller»), in qualità di uplink leader, avevano dei soggetti arruolati nella propria “down line”; in conseguenza di ciò i primi determinavano le fortune dei propri iniziati decidendone le sorti nella scalata nel ranking aziendale e, conseguentemente, determinandone quelle finanziarie.

La società non aveva strutture operative in Italia, il suo core business - ossia le vendite di prodotti - veniva realizzato esclusivamente dagli incaricati alle vendite che erano, nel contempo, essi stessi clienti.

La connotazione illecita della struttura di vendita promossa e realizzata dagli indagati fa sì che questi siano stati indagati per la contravvenzione in argomento. Conseguentemente, le provvigioni percepite dagli stessi, in pieno accoglimento del quadro investigativo prospettato, sono state considerate dal GIP del Tribunale di Rimini, su richiesta del Pubblico Ministero titolare delle indagini, profitto del reato per il quale è stato emesso il provvedimento in esecuzione.

Le operazioni sono in corso con la collaborazione di altri 5 reparti del Corpo che stanno operando simultaneamente su parte del territorio nazionale.

In ultimo, si rappresenta che la commercializzazione dei prodotti da parte della società attenzionata è stata anche oggetto di servizi giornalistici da parte di noti programmi televisivi trasmessi su network nazionali.

L’operazione di servizio testimonia il ruolo fondamentale della Guardia di Finanza nella lotta agli illeciti in materia di contrasto alla criminalità economico-finanziaria a tutela dell’economica, della concorrenza e del mercato.

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