Rimini, Cristina uccisa con 30 coltellate

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Dopo i colpi di mattarello Cristina Peroni, la 33enne romana massacrata dal compagno riminese Simone Benedetto Vultaggio, era stordita ma ancora viva. I primi accertamenti svolti dal medico legale sul cadavere della donna hanno permesso di stabilire che in realtà, intorno alle 9.30 di sabato mattina, il 47enne ha colpito Cristina con almeno 30 fendenti alla parte superiore del corpo. Braccia, torace, testa e gola sono stati martoriati dalla furia dell’uomo. Il mattarello, infatti, l’avrebbe preso in mano qualche istante prima, colpendola alla testa per stordirla.

La moltitudine di coltellate spiega quindi le copiose tracce di sangue di cui era sporco l’omicida quando, in risposta alle chiamate dei vicini, aveva aperto la porta e dichiarato che il bambino stava bene, e che lei, Cristina, non avrebbe più potuto parlargli male di lui.

Anche in ragione della particolare efferatezza del delitto, il magistrato ha disposto i test tossicologici su Vultaggio in modo da scoprire se fosse o meno sotto l’effetto di sostanze quando ha ucciso la convivente mentre il figlio di 5 mesi si trovava nella stanza accanto.

Problemi psichiatrici

A parlare dei disturbi mentali di cui soffriva il 47enne è stato il padre stesso, Vincenzo, spiegando che il figlio si era rivolto al servizio di Igiene mentale di Ausl Romagna, e che negli ultimi tempi era particolarmente nervoso, anche per via del rapporto complicato con la compagna. Lei, infatti, nelle settimane precedenti al delitto si era allontanata da lui tornando a Roma, intenzionata a lasciarlo. Una settimana prima di essere uccisa però si era fatta convincere a tornare a Rimini. «Discutevano spesso, fin dall’inizio - aveva detto il padre - ma negli ultimi tempi molto di più per via del bambino. Mio figlio diceva che lei non glielo faceva prendere in braccio».

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