«Questo è il tempo di maturità esatto per candidare Rimini come capitale della cultura 2024». Parola del sindaco Andrea Gnassi, osservando come la rivoluzione attuata negli ultimi anni abbia portato la città ad affacciarsi verso questa occasione, alzando la testa davanti a chi finora l’aveva etichettata solo come una località turistica e balneare.
La proposta sul Corriere
«Il 19 gennaio scorso ho scritto di getto 30 righe in cui ho proposto la candidatura di Rimini come capitale della cultura, che sono state pubblicate sul
Corriere Romagna – racconta il caporedattore del Tgr Rai, il giornalista riminese
Giorgio Tonelli durante la conferenza stampa di inizio lavori al teatro Galli –. Da lì è nato un grande interesse sulla stampa ma anche tra i riminesi stessi, convinti di avere l’energia giusta per farlo. Il primo commento positivo sulla questione è stato quello del sindaco».
L’iter
Il titolo di Capitale italiana della cultura è nato nel 2014 su iniziativa del ministro Dario Franceschini, con l’intento di premiare le città finaliste a cui la vittoria di Matera aveva tolto il sogno del titolo europeo (Lecce, Ravenna, Perugia, Cagliari, Siena). A seguire negli anni si sono succedute: Mantova, Pistoia, Palermo, poi è stato lasciato spazio a Matera. Nel 2020 sarebbe stato l’anno di Parma slittato al 2021, per il 2022 ha vinto Procida, il 2023 celebrerà insieme Bergamo e Brescia, duramente colpite dalla pandemia, e la prossima finestra utile è quindi il 2024. «Non appena verrà pubblicato il bando dal Mibact, il Comune di Rimini presenterà una manifestazione d’interesse – ha spiegato Gnassi –. Poi dovrà essere stilato un preciso dossier che verrà valutato da un’apposita giuria per decretare le dieci idee migliori. A quel punto le città finaliste saranno chiamate a esporre i propri progetti in audizioni pubbliche e il Consiglio dei ministri deciderà la vincitrice che riceverà 1 milione di euro».
Unesco, un progetto parallelo
Parallelamente al progetto per il riconoscimento del Tempio e delle terre malatestiane come patrimonio dell’Unesco, «il Comune di Rimini sta quindi raccogliendo le forze per capire come affrontare al meglio il percorso – sottolinea l’assessore alla Cultura
Giampiero Piscaglia –, confrontandosi con le città che hanno già ricevuto questo riconoscimento e accogliendo tutte le competenze e le figure necessarie in un cammino che sarà sempre dinamico e mai fisso».
Le visioni
«Perché Rimini dovrebbe candidarsi a capitale della cultura? – si chiede il sindaco
Andrea Gnassi –. La prima consapevolezza è che questa sfida non è aggiungere un’etichetta ma intraprendere un percorso. Non basta dire che Rimini se lo merita perché sarebbe provincialismo. Verremo giudicati da osservatori esterni. La cultura è diventata protagonista del dibattito popolare e deve essere parte della comunità. Rimini è fatta di contraddizioni ed è prima di tutto umana. Sento mia la definizione del Sigismondo d’oro Piero Meldini che ha parlato di multiculturalità. A Rimini convivono il teatro verdiano e gli avamposti di tendenza nati in una discoteca, come lo Slego e il Paradiso; il bianco marmoreo del tempio di Leon Battista Alberti con le immagini fotografiche in stranianti bianchi e neri di Marco Pesaresi; Fellini e una favola moderna come l’Isola delle Rose; il Trecento riminese e il mondo della notte; Ariminum e i suoi monumenti con il Teutonen Grill (come i tedeschi chiamano familiarmente la riviera,
ndr); l’Arco d’Augusto accostato alle irriverenti immagini di Maurizio Cattelan». «Rimini – aggiunge il sindaco – è sempre stata contemporanea a se stessa. E la candidatura è in ragione del suo provincialismo e dei suoi eccessi metropolitani nello stesso tempo». E «Rimini dovrà fare un
upgrade anche come rete museale, dando nuova sede al Museo degli Sguardi e individuando con concorsi le figure direttive dedicate». Una necessità emersa anche dal dibattito pubblicato in questi giorni proprio su queste pagine.