Riccione, due mamme e tre figli: "Ora è più facile ricevere insulti gratuiti"

Riccione

Duemammetrefigli è il nome scelto da Giada Buldrini e Serena Galassi per raccontare in rete la loro esperienza e portare avanti anche così un’importante battaglia sui diritti. Giada e Serena vivono a Riccione e hanno tre figli (Thomas, Leonardo e Micol) e di recente hanno deciso inoltre di sancire il loro amore attraverso l’unione civile. Ma come avvertono il clima generale dettato anche dalle ultime elezioni politiche (Matteo Salvini vorrebbe per la Lega il Ministero per la famiglia e la natalità)? «Abbiamo notato che già durante la campagna elettorale le persone si sono sentite molto più libere di manifestare il loro disprezzo, non solo nei confronti di famiglie come la nostra, ma anche di tutta la comunità Lgbtqi+ - racconta Giada Buldrini -. Ultimamente è più facile ricevere insulti gratuiti in giro e credo che questo sia sintomatico di un pensiero ormai nemmeno più così latente. All’estero ci sono più diritti mentre qui c’è il rischio che la situazione peggiori. Sono preoccupata ma spero non si torni indietro (penso ad esempio anche alla legge sull’aborto)».


Quali potrebbero essere le conseguenze?

«C’è il rischio che chi aveva voglia e necessità di iniziare un determinato percorso, anche solo nel comunicare ai propri cari la sua omosessualità, possa sentirsi ancora più in difficoltà o ripensarci. Il fatto che il DDL Zan non si sia trasformato in legge è stata una brutta battuta d’arresto in questo senso. Da quando abbiamo iniziato a raccontare la nostra storia ci ha reso molto fiere che alcune persone si fossero interessate a noi per criticarci, ma poi siano rimaste colpite positivamente fino a cambiare idea su tante cose».


Le unioni civili sono sufficienti a riconoscere i diritti?

«Le unioni civili aiutano da un certo punto di vista ma non bastano, perché non sono equiparabili ai matrimoni. In termini economici i diritti sono gli stessi, ma poi quando si va in altre sfere, come quella dei figli, le cose cambiano perché viene riconosciuto solo il genitore biologico (che lo ha partorito nel caso delle donne o che ha offerto il seme per gli uomini). Inoltre non dà credibilità all’unione perché non c’è obbligo di fedeltà e le pratiche per il divorzio sono molto più veloci».


Per fare un esempio concreto, i vostri figli sono riconosciuti da entrambe?

«Thomas e Leonardo sono due gemelli nati grazie alla tecnica Ropa, una metodologia piuttosto costosa che abbiamo potuto effettuare in Spagna: i miei ovuli fecondati sono stati impiantati nell’utero di Serena che ha portato avanti la gravidanza. Dopo la nascita ci siamo recate in Comune a Riccione per il riconoscimento tardivo (una pratica che viene regolarmente attuata anche tra coppie eterosessuali) e avevamo tutte le intenzioni di risolvere in maniera pacifica, ma dopo l’arrivo del diniego abbiamo impugnato la causa e la sentenza alla fine ci ha dato ragione. Nel caso di Micol abbiamo scelto l’inseminazione classica quindi al momento non è ancora riconosciuta da entrambe ma ci attiveremo. Per un certo periodo il sindaco poteva prendere questa decisione, poi tutto è passato sotto il Ministero degli Interni».


Come commenta i manifesti di Pro Vita & Famiglia con scritto “Basta confondere l’identità sessuale dei bambini”?

«Sono incommentabili, ma vorrei ricordare che alla base c’è un discorso molto più ampio e lontano nel tempo che riguarda la libertà dei bambini e delle bambine di poter scegliere con cosa giocare o come vestirsi. Qualcosa che non dipende da noi e che rappresenta una libertà di scelta imprescindibile».

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