Vita da pendolare in treno tra Rimini, Ravenna e Bologna: «Come in un pazzo Monopoli dove l’imprevisto c’è sempre»
Lasciate ogni speranza o voi che...sperate di arrivare in orario (al lavoro o ad una lezione).
A volerla prendere sul ridere, ecco quello che potrebbe essere il titolo di una vita da pendolare sulla tratta Rimini-Ravenna-Bologna, ovvero quella tratta che (limitatamente alla parte Ravenna-Bologna, i cui guai però si ripercuotono sempre per chi poi prosegue per Rimini) il rapporto di Legambiente ha inserito nella lista delle 12 peggiori d’Italia. Una tratta dove non c’è giorno in cui non ci sia qualche problema, una tratta nella quale ogni giorno sembra di giocare a Monopoli: lì si trattava di pescare dal mazzo degli “imprevisti” quando capitavi su quella casella con il punto interrogativo rosso, qui si tratta di sperare che la voce metallica della stazione non ti annunci che, anche oggi, ti toccheranno una delle 2 variabili classiche per la linea, ovvero il “guasto al passaggio a livello” oppure il “guasto agli impianti di circolazione”.
Solitamente capita di “pescarne” almeno uno a settimana se viaggi sulla linea Rimini-Bologna via Ravenna, oppure può capitare la tempesta perfetta di martedì 13 febbraio quando il guasto del passaggio a livello fra Lido di Savio e Classe ed il problema ad uno scambiatore a Russi ha “regalato” a tutti i pendolari il “blocco totale” a Ravenna.
Un blocco che ha portato ad un paio di treni soppressi sia per Rimini che per Bologna, costringendo tutti a rivedere non solo i piani del pranzo con i piedi sotto la tavola (vabbeh, un panino o una piadina si sopportano lo stesso) ma anche il viaggio verso Bologna, visto che il primo treno è partito alle 16.15 da Ravenna dopo una “comoda” sosta di 30’ in stazione in attesa che si risolvessero i problemi a Russi.
Ecco, in situazioni come quelle di martedì scorso si riconoscono in maniera chiara i pendolari dal resto della comitiva smoccolante per il ritardo: il pendolare avrà lo stesso atteggiamento sereno di chi al parco sta sulla panchina a dar da mangiare agli uccellini, isolandosi o quasi da quel mondo attorno a lui che telefona, sbuffa, brontola per i treni che non sono mai puntuali.
Il terrore delle voce metallica
Il vociare della stazione si blocca però di colpo appena parte la voce metallica, quella che dopo averti magari ricordato di allontanarti dalla linea gialla ti annuncia che il tuo treno arriverà con il solito ritardo, quello che viene sempre arrotondato per difetto negli annunci in stazione e che in Giappone porta i capitreno a scusarsi con gli inchini per un minuto di ritardo (sulla linea Ravenna-Bologna sarebbe una scena quotidiana).
E se il tuo treno arriva e quello sull’altro binario no, nel pendolare a quel punto nascono due sentimenti contrapposti: da un lato la solidarietà della categoria per chi è costretto ad attendere ancora, dall’altro il sottile piacere (lo stesso che provavi a scuola quando la maestra riprendeva qualcun altro) che stavolta ti è andata bene e che riuscirai ad arrivare a casa (si spera) in orario.
Il treno arriva, si parte: con la speranza che i tanti passaggi a livello non facciano più scherzi, che gli altri treni (visto che la linea è in gran parte a binario unico, il ritardo di uno rischia di diventare il ritardo di tutti) siano puntuali e che qualcosa possa prima o poi cambiare, perché avanti così diventa davvero difficile avere pazienza e non perdere definitivamente la speranza che le cose, prima o poi, passano cambiare.