Schianto fatale a Bagnacavallo. Caso riaperto dopo 10 anni, dubbi chi guidasse

Ravenna
  • 26 febbraio 2025

La serata a ballare con gli amici, qualche drink e il ritorno verso casa a notte fonda, finito in tragedia. Era la notte tra il 2 e il 3 ottobre del 2015 quando Giuseppe Montemurro, 25enne originario di Matera ma residente a Villanova di Ravenna, padre di un bimbo di appena un anno, perse la vita nel tremendo incidente avvenuto lungo la A14 bis. Le indagini stabilirono che c’era lui al volante della Citroen C3 volata fuori strada e cappottata lungo la scarpata dopo una serie di urti violentissimi. Con lui viaggiavano due amici, uno nei sedili posteriori, e una ragazza, proprietaria del veicolo, seduta davanti nel lato passeggero. A quasi dieci anni dal dramma, è lei (difesa dell’avvocato Cinzia Montanari) a dover rispondere di omicidio stradale. Il caso è stato riaperto nel maggio del 2020, quando il fratello della vittima ha presentato querela. La ricostruzione cinematica dell’incidente, da lui affidata a un esperto, ha offerto alla procura una nuova ricostruzione, che ha trovato conferma nella consulenza successivamente disposta dalla procura a un proprio tecnico. Secondo l’accusa, alla guida del mezzo ci sarebbe stata lei.

Il processo è entrato nel vivo ieri davanti al giudice monocratico Natalia Finzi con la deposizione del ragazzo che quella notte era nell’auto, steso nei sedili posteriori a dormire. «Eravamo stati al Barcelona - ha spiegato in aula -, uscimmo dal locale intorno alle 4.30. Avevamo bevuto la nostra amica non se la sentiva di guidare. Lo chiese a me ma dissi che per me potevamo dormire anche in macchina. Non sono certo però chi stesse guidando quando ci fu l’incidente». Tra i ricordi fumosi, il momento successivo al cappottamento, tra le urla della ragazza: «Mi svegliai e cercai di calmarla per farla uscire a chiedere aiuto. Io sentii alcuni crac e decisi di non muovermi, poi persi i sensi o mi riaddormentai svegliandomi solo in ospedale». Il teste ha ipotizzato che l’amica non fosse alla guida ripensando alla provenienza della sua voce: «Era buio, non vedevo nulla, io avevo la testa verso il lato del conducente e ricordo che le sue grida venivano dal lato più lontano dell’auto». Altri ricordi riguardano i giorni successivi al ricovero, dopo essersi rivisti al funerale del 25enne. «Lei si rimproverava di avere fatto guidare Giuseppe».

Sentito anche il fratello del ragazzo deceduto, che ha spiegato la ragione che lo portò a sporgere denuncia: «Mio fratello non esagerava nel bere, era una persona posata. Volevo la verità, volevo sapere chi guidava quella sera, ma non sono mai riuscito ad avere un confronto diretto con la ragazza che era accanto a lui». Il processo proseguirà a giugno, con il confronto fra i tecnici per fare luce sulla reale dinamica del sinistro.

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui