Ravenna, un pacemaker senza fili di pochi centimetri impiantato attraverso una puntura della vena di una gamba
Un pacemaker di pochi centimetri, senza fili, impiantato direttamente all’interno del cuore attraverso una puntura della vena di una gamba. È l’intervento, eseguito per la prima volta a Ravenna, a cui è stato sottoposto un paziente di 75 anni ricoverato nell’Unità Operativa di Cardiologia dell’Ospedale Santa Maria delle Croci, diretta dal dottor Andrea Rubboli.
“Quando il sistema elettrico cardiaco subisce dei danni, anche semplicemente a causa dell’invecchiamento, è necessario impiantare sottocute a livello della clavicola la batteria di un pacemaker alla quale sono collegati dei fili elettrici che, attraverso le vene del torace, raggiungono il cuore che così può essere stimolato attraverso impulsi elettrici regolari” spiega il dottor Rubboli. “Può accadere, però, che questi fili vadano incontro a gravi infezioni e per questo debbano essere rimossi, senza che ci sia più la possibilità di impiantarli nuovamente”.
Come nel caso del 75enne ricoverato al Santa Maria delle Croci. “In situazioni come queste, - continua Rubboli - dopo un adeguato periodo di terapia antibiotica specifica, va preso in considerazione l’impianto di un pacemaker senza fili”.
La tecnologia attuale del pacemaker senza fili non prevede tutte le funzioni di un pacemaker tradizionale ed è per questo che viene riservato a casi particolari. Tuttavia, il pacemaker che è stato impiantato è di ultimissima generazione e, rispetto a versioni precedenti, si caratterizza per la maggiore durata della batteria e per la possibilità di rimuoverla quando esaurita, oltre che per funzioni “intelligenti” aggiuntive che permettono di stimolare il cuore con modalità più naturali.
All’intervento, riuscito efficacemente e senza complicanze, ha partecipato l’equipe di Elettrofisiologia dell’Unità Operativa di Cardiologia di Ravenna, composta dalle dottoresse Maria Selina Argnani e Federica Giannotti, e dai dottori Alessandro Dal Monte e Giuseppe Pio Piemontese, un’equipe di infermieri specializzati e un tecnico elettrofisiologo, tutti coordinati dalla dottoressa Daria Drudi, e supervisionati di un esperto riconosciuto, il professor Antonio Curnis dell’Università di Brescia.