Ravenna, “troppe condanne, lei non può avere la cittadinanza”, ma avevano sbagliato persona
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Denaro falso, ricettazione, commercio di sostanze nocive, svariati reati di falso, e un sfilza di condanne ricevute da metà anni ‘90 ai primi 2000. Non certo un personaggio al quale rilasciare il certificato di cittadinanza italiana a cuor leggero. E infatti la richiesta avanzata da un 51enne di origine albanese era stata rispedita al mittente con un bel “no”. Peccato però che a monte ci fosse stato uno scambio di persona. Anzi, un mix: una somma di alcuni problemi con la giustizia avuti in passato dallo stesso straniero e quelli che invece riguardavano un connazionale, che nulla aveva a che fare con lui. Per questo ora il Tar del Lazio ha accolto il suo ricorso, annullando il provvedimento di diniego del Ministero dell’Interno alla cittadinanza.
Il 51enne aveva presentato domanda di cittadinanza nel 2015, dopo quasi 10 anni trascorsi in Romagna, tra Cervia, Mensa, Bertinoro e Meldola. Nel 2020 il Viminale aveva tuttavia rigettato l’istanza motivando la decisione con l’esistenza di condanne passate. La bellezza di sei sentenze, per quella sequenza di reati che abbiamo già elencato. Da qui la decisione dello straniero di rivolgersi al tribunale amministrativo, disconoscendo quattro delle sentenze attribuitegli.
Si trattava di provvedimenti riguardanti un’altra persona, a sua volta di origine albanese. Nome simile ma diverso codice fiscale, differenti pure il luogo di residenza e il nucleo familiare. Un errore che ha determinato il responso dell’istanza, con il rigetto giustificato alla luce dei trascorsi problemi con la giustizia. Precedenti che tuttavia non lo riguardavano.
Il ricorso è approdato al Tar a metà febbraio di quest’anno. Oltre a constatare la “svista” contestando l’«erronea valutazione dei fatti», i giudici hanno rilevato che il Ministero dell’Interno non aveva tenuto conto di elementi favorevoli al richiedente, come la riabilitazione concessa per le uniche due condanne effettivamente a suo carico e il parere favorevole espresso dal Questore di Savona nel 2016. Tali circostanze avrebbero dovuto essere valutate nel processo decisionale, invece erano state ignorate nel provvedimento impugnato.
Alla luce di queste considerazioni, il Tar ha annullato il diniego, obbligando l’amministrazione a riesaminare il caso in modo più approfondito. Il Ministero dovrà ora valutare la posizione complessiva del richiedente tenendo conto della sua integrazione sociale e della gravità dei reati effettivamente commessi.
Le spese legali sono state compensate, riconoscendo la delicatezza della vicenda, invitando il Ministero a riesaminare «attentamente» la vicenda.