Ravenna, stranieri integrati ma senza casa. L’appello: «Le famiglie ci aiutino»

Ravenna
  • 04 gennaio 2025

A.A.A. si cercano famiglie accoglienti. Se fosse un annuncio, lo si potrebbe scrivere così. Ma dietro l’appello che il gruppo ravennate dell’associazione Refugees Welcome Italia rilancia in questi giorni, ci sono temi ben più complessi.

In primis, il dramma degli affitti, che per i giovani e le giovani migranti di cui, attraverso l’iniziativa del Comune di Ravenna “Albo delle famiglie accoglienti”, l’associazione si occupa dalla fine del 2021, è uno degli ostacoli più duri a morire. Ma non è solo l’impossibilità di trovare una stanza o una casa con contratti regolari e prezzi abbordabili a muovere le persone migranti a rivolgersi all’Albo: «Chi esce dalle comunità per minori stranieri non accompagnati o dai centri di accoglienza per giovani adulti – spiega la referente del gruppo locale di RWI Silvia Manzani - ha nella maggior parte dei casi un lavoro, conosce la lingua italiana e sa muoversi sul territorio. Ma il fatto di non avere punti di riferimenti esterni dopo che si è stati, per un periodo più o meno variabile, “protetti” dal sistema di accoglienza, fa sì che ci si ritrovi spaesati, senza appigli, in un Paese comunque difficile. Anche questo spinge i migranti a rivolgersi a noi per trovare una famiglia che li accolga».

L’accoglienza richiesta dal progetto dura almeno sei mesi, considerati il minimo sindacale per dare la possibilità, a chi viene ospitato, di fidarsi, affidarsi e costruire legami solidi: «I singoli o le famiglie che abbiamo voglia di fare questa esperienza di volontariato – continua Manzani - si iscrivono sul sito dell’Albo delle famiglie accoglienti, sostengono un colloquio con il nostro staff e poi inseriti in un percorso formativo, al termine del quale si riceve una sorta di idoneità ad accogliere. A quel punto, viene proposto ai candidati l’abbinamento con un migrante o una migrante in lista d’attesa. Tutto il percorso di accoglienza viene chiaramente monitorato dall’associazione, passo dopo passo».

Dalla scorsa estate, la possibilità di essere accolti è stata estesa anche agli studenti e alle studentesse universitari, in questo caso anche italiani: «Anche in questo caso – aggiunge la referente – è stato difficilissimo reperire famiglie accoglienti, una crisi che dopo il Covid è diventata davvero strutturale. Su oltre quindici candidature, siamo riuscite a inserire in famiglia una ragazza veneta che studia a Medicina a Ravenna. Quando ci si dedica all’altro, nascono cose inaspettate: la signora che sta ospitando si è aperta anche ad altre esperienze di volontariato insieme alla nostra associazione, sempre nell’ambito dell’Albo».

Il punto cruciale del lavoro di Refugees, quando si tratta di organizzare una nuova accoglienza, è la personalizzazione: «Ogni persona o famiglia che accoglie è diversa, ogni individuo accolto è diverso. Per questo cuciamo davvero ogni progetto attorno ai protagonisti. Ogni volta che questo accade, per noi, è la soddisfazione massima: sappiamo quanto sia impegnativo aprire le porte di casa propria a chi non si conosce, riorganizzare la propria vita, mettersi in gioco. Ma sappiamo anche che da ogni accoglienza, nella maggior parte dei casi, tutti ne usciranno arricchiti». Al momento, in lista d’attesa, ci sono una decina di migranti, mentre gli universitari che avevano inviato la richiesta hanno trovato altre sistemazioni: «L’accoglienza in famiglia resta un progetto di nicchia, ma che cambia le vite e i percorsi delle persone. Noi continuiamo a crederci, per questo non smetteremo di sensibilizzare la popolazione. Abbiamo in mente, per il 2025, di andare a parlare con gli anziani che frequentano i centri sociali, ma anche di chiedere ai ravennati se hanno delle case sfitte da mettere a disposizione, magari per organizzare dei co-housing di persone, come gli studenti universitari».

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