Ravenna, si buttò con la figlia: «Giulia incapace di intendere, ma socialmente pericolosa»

Ravenna

Totalmente incapace di intendere e volere, ma socialmente pericolosa. Tutti concordi, perito e consulenti, nel ritenere che sia stato il disturbo mentale di cui soffre Giulia Lavatura Truninger ad averla portata, lo scorso 8 gennaio, a tentare il suicidio buttandosi con la figlia in braccio dal nono piano del palazzo di via Dradi 39, uccidendo la bimba di appena 6 anni. La 41enne, sopravvissuta alla caduta, è accusata di omicidio volontario aggravato e si trova agli arresti domiciliari alla clinica Villa Azzurra di Riolo Terme, dove nelle settimane passate è stata visitata dagli esperti incaricati di analizzare le sue facoltà mentali.

Ieri, dopo il deposito della perizia psichiatrica redatta dal professor Gabriele Braccini di Roma, nominato dal giudice per le indagini preliminari Andrea Galanti, si è tenuto l’incidente probatorio con il confronto della relazione del perito con quelle presentate dalla consulente dell’accusa, la professoressa Anna Palleschi di Padova, e della difesa, il professor Renato Ariatti di Bologna.

Il dramma di via Dradi

La vicenda riporta indietro all’inizio dell’anno, appena concluse le feste natalizie. Un dramma consumato prima dell’alba, alle 7.15. Era un lunedì mattina. Da circa un mese la 41enne aveva smesso di prendere i farmaci prescritti dal Centro di salute mentale. Era seguita da anni per un disturbo bipolare della personalità. Mancavano pochi giorni all’appuntamento per una nuova visita da un terapeuta che l’aveva visitata durane la gravidanza.

Il marito stava ancora dormendo quando lei si è alzata, alle 6.50; il tempo di pubblicare su Facebook un lungo post di sfogo fra pensieri e turbamenti, preparato da giorni dopo aver maturato poco prima di Natale l’idea di farla finita. Poi ha preso la figlioletta che ancora era nel letto, si è legata alla cinta la cagnolina e uscendo dalla finestra sull’impalcatura del cantiere edile si è lanciata nel vuoto. Una sorta di tettoia posta a protezione dell’ingresso del palazzo le ha salvato la vita. Non c’è stato nulla da fare per Wendy e per l’animale domestico. Una condanna, ha successivamente detto lei agli inquirenti, afflitta dalla disperazione durante l’interrogatorio.

Verso la chiusura delle indagini

Nel corso delle indagini affidate dal sostituto procuratore Stefano Stargiotti alla Squadra mobile, sono stati sentiti parenti e specialisti che avevano in cura la donna. E con le dimissioni dall’ospedale (40 i giorni di prognosi riportati) sono iniziate le visite per capire se Giulia sia imputabile o meno. Accertamenti affidati anche dal suo difensore, l’avvocato Massimo Ricci Maccarini, al proprio consulente.

Conclusioni allineate, si diceva, quelle dei tre esperti. Si trattava dell’ultimo aspetto ancora da affrontare prima della fine delle indagini preliminari. Le strade ora potrebbero prendere direzioni diverse, con la richiesta di rinvio a giudizio oppure con un non luogo a procedere, ritenendo l’indagata non imputabile penalmente.

Resta però aperto l’aspetto della pericolosità sociale, riconosciuto dalla perizia psichiatrica. Questione non certo secondaria su cui si dovrà esprimere l’autorità giudiziaria, quando, quale che sia la decisione sul fronte penale, si dovrà valutare la struttura più idonea per seguire la 41enne e proteggerla, in primis, da sé stessa.

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui