Ravenna, sequestrati al porto medicinali destinati alle zone di guerra
RAVENNA - Da un mese e mezzo oltre 100mila flaconi di un medicinale contro i sintomi della tosse e le patologie dell’apparato respiratorio, prodotto dall’azienda cagliaritana Advanced Biomedical in partenza per il Libano e destinato ad altre zone di guerra, sono fermi al porto di Ravenna. Sul carico da 16 quintali, per un valore di circa 96mila euro, pende il sequestro preventivo disposto prima dalla dogana e poi convalidato dal gip Janos Barlotti. Il reato, notificato la scorsa settimana, al quale dovrà rispondere il legale rappresentante dell’azienda è la “vendita di prodotti industriali con segni mendaci” (articolo 517 del Codice penale) collegata però all’articolo 4, comma 49 della legge numero 350 del 2003. In sostanza, secondo l’accusa, sul prodotto, lo sciroppo denominato “Fortus”, è stato indebitamente apposto il marchio “Made in Italy”, violando così la legge medesima che mira sia a sostenere e promuovere, a livello nazionale e internazionale, le eccellenze produttive del nostro Paese che a fornire un’adeguata informazione del consumatore sul prodotto da acquistare. Questo perché, sempre secondo l’accusa, la lavorazione a San Marino per produrre il medicinale gli avrebbe conferito il carattere di merce “originaria” di quello Stato. Lo sciroppo, tramite un contatto libanese, doveva poi essere imbarcato da Ravenna per raggiungere come detto Beirut, in Libano. Da lì poi sarebbe stato smistato a favore di alcune Organizzazioni non governative in Siria, fino a raggiungere Gaza proprio per trattare, ad esempio, in via curativa e preventiva la presenza di microparticolati e pulviscolo dispersi nell’aria in quanto residuati di polveri o bombardamenti.
Nei giorni scorsi l’avvocato Luca Sannio del foro di Nuoro, difensore del legale rappresentante dell’azienda, sul provvedimento di sequestro preventivo del gip ha inoltrato il ricorso al tribunale del Riesame. Istanza presentata materialmente, come da mandato, dall’avvocato Gian Luigi Manaresi del foro di Ravenna. Ieri, invece, lo stesso Sannio era a Ravenna per discutere il ricorso in camera di consiglio. «Abbiamo tentato di dimostrare che il 63% delle fasi della produzione, compresa la raccolta delle materie prime, sono avvenute sul territorio italiano, soddisfacendo quindi il criterio del “Made in Italy”, mentre a San Marino è stato effettuato soltanto il packaging, ovvero il confezionamento - commenta l’avvocato Sannio -. Confidiamo che le nostre ragioni vengano accolte dal tribunale e attendiamo il dissequestro (potrebbero volerci anche un paio di giorni per la pronuncia del Riesame, ndr). Se ciò non dovesse avvenire ricorreremo per Cassazione».
Depositata anche una consulenza difensiva di circa 200 pagine a firma del professor Silvio Massimo Lavagna, esperto di tecnica farmaceutica e titolare di una cattedra all’Università La Sapienza di Roma. «Il suo parere esclude che San Marino sia il paese di produzione del medicinale, ma per una serie di ragionamenti che lui svolge sia invece l’Italia - conclude Sannio -. Per questo è corretto aver marcato i prodotti con la dicitura “Made in Italy”».