Ravenna, non denunciò gli abusi del compagno sulla figlia, madre assolta. Ma colpevole per i maltrattamenti
Responsabile dei maltrattamenti, ma non degli abusi subiti dalla figlia da parte del patrigno, di cui - secondo la Procura - era a conoscenza. Questa la decisione presa ieri dal giudice per l’udienza preliminare Janos Barlotti, che pur assolvendo l’imputata - una 38enne madre della vittima - dall’accusa di non avere impedito al compagno di violentare la bambina, l’ha comunque condannata a 2 anni e 4 mesi.
Le vessazioni contestate erano dettate in larga parte dall’abuso di alcol e droghe. La donna pare le assumesse anche in presenza della figlia. In diverse occasioni la 38enne l’avrebbe picchiata con scarpe, ciabatte, manici di scopa. L’avrebbe inoltre costretta a saltare la scuola, principalmente perché non riusciva a svegliarsi alla luce dello stile di vita sregolato. Oltre a questo, si aggiungono le violenze psicologiche, che secondo l’accusa avrebbero costretto la minore a subire mortificanti oppressioni.
A queste accuse si sommavano quelle legate alle molestie sessuali, che stando a quanto contestato dalla Procura passavano sotto gli occhi della madre senza che questa muovesse un dito per fermare il compagno. La bambina avrebbe subito abusi dagli 8 anni compiuti fino ai 15. Un’infanzia da incubo, venuta alla luce con le confidenze fatte dall’adolescente nel 2019 al curatore speciale, una volta tornata in Italia. Lei, la madre e il patrigno si erano infatti trasferiti in Nord Africa, dove a sua volta era stata vittima di vessazioni legate all’osservanza dei dettami islamici, subendo oltretutto insulti razzisti da alcuni coetanei in quanto italiana. Al rientro a casa era stata affidata appunto ai servizi sociali: e solo a quel punto aveva trovato il coraggio di raccontare tutto. Erano affiorate le violenze sessuali sopportate in silenzio, dagli atteggiamenti ambigui ai palpeggiamenti, degenerati in stupri, ripetuti ogni due settimane. Il risveglio dall’incubo era coinciso con l’arresto del patrigno. L’uomo, 35 anni, è già stato condannato in appello a 10 anni. E ancor prima della sentenza le accuse si erano riverberate anche sulla madre, alla quale veniva contestata una “condotta omissiva”. In pratica, si riteneva che lei facesse finta di non vedere quel che accadeva in casa. Ecco perché lo scorso giugno la pena chiesta dal sostituto procuratore Francesco Coco aveva raggiunto i 4 anni e 2 mesi al termine del rito abbreviato.
La difesa dell’imputata - rappresentata dall’avvocato Eldira Mace - aveva invece sostenuto la mancanza dell’elemento soggettivo, chiedendo pertanto l’assoluzione. Riconosciuta non colpevole per gli abusi non denunciati, la madre è però stata condannata per i maltrattamenti. Alla figlia rappresentata dall’avvocato Christian Biserni è stata riconosciuta una provvisionale di 15mila euro, in vista della definizione in sede civile.