«Pranzo da casa a scuola, ora si può». Ma il Comune frena: «Rischi sanitari»

Una tematica portata all'attenzione nazionale per la prima volta a Torino, come ricorda Ancisi: «In quella città, dove ad andare a scuola con il pasto da casa, che può anche liberamente essere sotto forma di uno o due panini, sono ormai 4.500 studenti, si è istituito ed è attivo un osservatorio che ha il compito di disciplinare la questione». L'assessora all'Istruzione assicura però che «la discussione sulle procedure da tenere in questi casi è ancora aperta. E ho registrato nei vertici Anci la disperazione della mia collega nella giunta Appendino – assicura Bakkali - che dopo aver innescato la questione mentre era all'opposizione ora tasta con mano la difficoltà di gestione».
I nodi da sciogliere
La delegata all'Istruzione nella giunta De Pascale infatti descrive una serie di vulnus che verrebbero a trovarsi con la “schiscetta” portata da casa nelle scuole pubbliche: «Noi, attraverso un bando, affidiamo i locali mensa ad un'azienda privata che arreda e sanifica cucine e refettori e segue procedure complesse. Questa azienda quindi non potrebbe prendersi la responsabilità del consumo all'interno di quei locali di un pasto non preparato sul posto dal personale adibito». Discorso differente se il consumo del "panino da casa" avvenisse in altri locali della scuola: «Ma in questo caso l'ente scolastico si troverebbe a dover trovare personale supplementare per sorvegliare i bambini – spiega ancora Bakkali -, occuparsi di controllare cosa questi mangino e in che condizioni di conservazione si trovi l'alimento consumato. Al primo bambino che sta male dopo aver mangiato un pasto preparato a casa, di chi è la responsabilità? Temo conseguenze legali anche in tal senso».
Bakkali oltre a difendere «un sistema che garantisce educazione alimentare, progetti culturali legati al cibo e un pasto uguale per tutti indipendentemente dal censo», ribadisce il fatto che «ancora le famiglie ravennati non hanno posto il tema». Ma in quel caso «vorremmo direttive più stringenti dal ministero, per creare procedure sicure che interessino l'ufficio scolastico, il sistema sanitario oltre che gli enti locali. Ad ogni modo già oggi non è obbligatorio far consumare il pasto a scuola, ma chi nel tempo pieno si avvale di questa possibilità preleva il bambino per il periodo del pranzo». (an.ta.)