Metanodotto che attraversa la Romagna, Snam rassicura sul rischio alluvione e terremoto: «Sarà sicuro»

Dovrebbero iniziare nel prossimo mese di marzo i lavori per realizzare il metanodotto di Snam tra Sestino e Minerbio. È un’infrastruttura da 690 milioni di euro di investimento, che attraverserà tutte le tre province romagnole: in misura maggiore le zone di Ravenna (47,5 km di condutture) e Forlì-Cesena (46,3 km), mentre nel Riminese è previsto un tratto di 14,4 km. L’obiettivo è metterlo in esercizio nel settembre 2026, mentre i lavori complementari per ripristinare le aree coinvolte dovrebbero concludersi nel giugno 2027. Dopodiché Snam si è impegnata a curare per 5 anni la manutenzione dei terreni su cui metterà mano per accompagnarne il ritorno allo stato precedente, per esempio facendo ricrescere le porzioni di bosco che dovranno essere tagliate. Sono i numeri principali che fotografano un intervento classificato come “strategico” per il futuro dell’Italia, anche alla luce degli stravolgimenti nelle forniture di gas causati dall’invasione russa dell’Ucraina e dalle conseguenti sanzioni a Mosca. In questa ottica, quel gasdotto viene considerato essenziale anche per farci viaggiare il gas convertito attraverso l’ormai famoso rigassificatore che verrà collocato a Ravenna.
Questo complesso quadro di respiro molto ampio non placa però le tensioni tra alcuni dei proprietari delle aree toccate dall’opera (in tutto sono 748 in Emilia-Romagna gli intestatari di particelle interessate, di cui 323 nella provincia di Forlì-Cesena), che si sono costituiti nel comitato “Notuboromagna”. A molti non va giù l’indennizzo proposto attraverso accordi bonari che Snam sta chiedendo di firmare per accettare l’istituzione di una servitù (in cambio di pagamenti molto modesti ma comunque superiori alle indennità previste in caso di esproprio per pubblica utilità, strada alternativa che la società percorrerà in caso di rifiuto). Quel vincolo impedisce l’edificabilità in una fascia di 20 metri di distanza da ciascun lato dal metanodotto.
Poi c’è chi è preoccupato per la tutela da una parte dell’ambiente e dall’altra dell’incolumità pubblica. Su questi ultimi fronti gli impegni presi dal colosso della rete gas che opera fin dal 1941 sono però rassicuranti. «I terreni agricoli verranno restituiti alla loro vocazione e i boschi saranno ripristinati ripiantando almeno lo stesso numero di alberi abbattuti - spiega l’ingegnere Giuliana Garigali, director engineering, permitting & construction services di Snam -. E nell’attraversamento dei corsi d’acqua si presterà grande attenzione al rischio erosione. In passato ci siamo già presi cura dell’alveo dei fiumi, migliorandone le condizioni».
Le ferite arrecate al territorio dal disastro dello scorso maggio, soprattutto per le frane, così come il fantasma dei terremoti, tornato a fare capolino anche poche settimane fa in Romagna, sono indicate dal Comitato come criticità sottovalutate. Ma non sono state ignorate. «Dopo l’alluvione, è stato riverificato il tracciato anche con l’uso di droni ed elicotteri, per controllare che la situazione fosse ancora compatibile col progetto. E l’esito è stato positivo», riferisce l’ingegnere Garigali. Per quel che riguarda la sicurezza delle persone nei paraggi del gasdotto, viene in aiuto la tecnologia: «Da più di vent’anni le condutture sono munite di valvole telecontrollate e telecomandate dal dispacciamento di San Donato Milanese. Questo consente di fare un monitoraggio costante e di intervenire subito in caso di bisogno. Va anche detto - prosegue la professionista di Snam - che persino in occasione dei terremoti del centro Italia le reti Snam hanno retto, senza interruzioni del servizio».
Infine, a proposito dell’impatto dei lavori anche dal punto di vista paesaggistico, per ridurlo al minimo si farà ricorso a tecnologie trenchless, ossia senza scavi a cielo aperto, con tubi da da 48 pollici (equivalente a un diametro di 1.200 centimetri), posizionati ad almeno un metro e mezzo di profondità, invece dei 90 centimetri prescritti dalle norme.