Isola: «Le nostre lacrime per Valencia, ma senza il nostro piano di allerta anche a Faenza decine di morti»
«Vedere quelle immagini di Valencia, quel fango, quella disperazione è stato come rivivere quel dolore. Mi verrebbe da dire che è stato come riaprire una ferita, se non fosse che quella ferita per noi faentini non si è mai chiusa».
Massimo Isola - sindaco di Faenza, città simbolo dell’alluvione di Romagna - sfoglia i giornali mestamente, con le ultime notizie che aggiornano dalla Spagna un triste bollettino dei morti che ieri ha toccato le 200 vittime, ma anche 160mila sfollati, 320mila persone senza luce e acqua. Il tutto mentre si scava e si cercano le ultime flebili speranze di vita nei garage, nelle cantine e in quelle migliaia di auto accartocciate e trascinate via dalla peggiore tempesta che la Spagna ricordi.
«Ancora una volta ci risentiamo anche noi nel fango - racconta Isola - perché con quella terra Faenza ha un legame fortissimo, dal punto di vista produttivo e culturale. Con il Museo Civico di Valencia abbiamo un rapporto fraterno e decennale, dopo il Mic di Faenza è uno dei musei della ceramica più importanti d’Europa. Una delle mie prime chiamate l’ho fatta all’artista Xavier Morant e tuttora ricevo telefonate dalla Spagna da amici e amministratori, alcuni di loro sa cosa mi hanno detto? In queste ore vi abbiamo pensato a voi faentini. Ora capiamo davvero il vostro dolore. E noi capiamo il loro».
In Spagna ora si discute molto sulla poca efficienza dell’allerta lanciata sulla Dana, lei cosa ne pensa?
«Penso che purtroppo, e questo lo abbiamo vissuto sulla nostra pelle, non esiste una letteratura su certi argomenti. Noi stessi tra la prima e la seconda alluvione abbiamo avuto modo di imparare molto. Siamo stati sul pezzo, ci siamo formati e informati. E quando c’è stata la seconda piena del Lamone siamo riusciti a gestire in anticipo e con maggiore efficacia proprio l’allerta. Anche sulla base di un’altra esperienza, quella delle Marche e dei 13 morti di Senigallia del 2022».
Qualcuno all’epoca criticò il Comune di Faenza per aver limitato la possibilità di mettere in salvo dei beni. Ora cosa ne pensa?
«Mi sento di dire, anche alla luce di questa ultima tragedia, che avevamo ragione noi. Come ripete sempre il prefetto di Ravenna, nei momenti di emergenza conta solo salvare le vite umane. I beni, per quanto importanti, vengono dopo. Come detto la tragedia delle Marche aveva confermato alla protezione civile un dato chiaro: la maggior parte delle morti in casi del genere avviene nelle cantine e nelle auto che cercano di spostarsi. E purtroppo stiamo vedendo che è così anche a Valencia. Ma su questo vorrei aggiungere una cosa».
Prego
«Se consideriamo l’acqua caduta e il numero di rotture arginali avvenute a Faenza e dintorni nel corso della seconda alluvione anche noi, se non avessimo messo in piedi quella campagna di allerta preventiva, saremmo qui a contare i morti a decine. L’aver evitato che tutta Faenza cercasse di spostarsi in auto ha salvato vite umane».
In Spagna dicono che l’allerta via telefono, con le chiamate registrate, non ha funzionato, o comunque è contata relativamente poco. Lei cosa ne pensa?
«Neanche da noi sarebbe bastato. Noi abbiamo imparato due cose fondamentali da questa tragica esperienza. La prima è che i messaggi devono essere credibili e non è scontato come sembra. La seconda è che quei messaggi devono essere anche efficaci. E alla fine siamo rimasti anche noi sorpresi su quali lo siano davvero».
E quali sono?
«C’è una gran fetta di popolazione digitalizzata che legge i giornali on line, come il vostro ad esempio, e segue i nostri profili social. E quelli si raggiungono facilmente. Ma ne esiste anche una parte non digitalizzata. E con loro abbiamo usato tre strade per raggiungerli».
Ovvero?
«Coinvolgendo di più i quotidiani e i settimanali. Ma anche usando cento dipendenti comunali per mettere nelle buchette gli avvisi. Eppure alla fine il mezzo più immediato è stato il vecchio megafono a bordo delle auto della polizia municipale. Incredibile a dirlo, ma ci ha aiutato moltissimo»
Lei pensa che a Valencia ci siano stati errori?
«Io credo che l’allerta data poche ore prima serva a poco, a noi sono serviti dei giorni. Ma in un momento come questo quello che serve non è lo scontro politico. E su questo aspetto devo dire che della Spagna mi ha colpito un fatto in particolare»
Quale?
«Le parole del premier Sanchez. Il suo vocabolario politico, da uomo di sinistra, nel pieno dell’emergenza è stato diretto all’unità istituzionale e non alla polemica contro un’amministrazione di destra. Qui, invece, non posso fare a meno di pensare alle parole del ministro Musumeci ad alluvione in corso e credo sia andata molto diversamente».