Guardia medica non risponde al telefono, l’Ausl Romagna segnala il caso in Procura
’Ausl Romagna ha segnalato alla Procura di Forlì alcune situazioni legate a mancate risposte al telefono da parte della guardia medica di Forlì. Lo rivela il direttore generale dell’Ausl Romagna, Tiziano Carradori: «I cittadini ci hanno segnalato che nessuno rispondeva alle chiamate. Così abbiamo fatto una verifica e abbiamo rilevato alcune situazioni sospette, segnalandole alla magistratura a cui ora spetteranno le valutazioni del caso». Il direttore spiega che la segnalazione risale a circa un mese fa e non riguarda un comportamento generalizzato ma soltanto alcuni casi particolari. «Mi auguro che dalle verifiche della Procura non emergano altri casi, non possiamo che auspicare che si tratti di un comportamento limitato a quanto abbiamo riscontrato». Una segnalazione è stata effettuata anche all’Ordine dei medici.
Il braccio di ferro in atto
La segnalazione dell’Ausl Romagna si inserisce in un momento di dibattito acceso con le guardie mediche che contestano la riorganizzazione del servizio da parte dell’azienda sanitaria. Nel suo piano di riorganizzazione l’azienda fornisce anche alcuni numeri, spiegando come in media le guardie mediche rispondano ad una telefonata ogni cinque ore e facciano una visita ogni tre. Contestata dalle guardie mediche, in particolar modo, è la riorganizzazione della centrale e telefonica emergenziale, oltre ai compiti e alle modalità di servizio e spostamento. Insomma, le nuove linee guida. «Nell’ipotesi di soppressione delle centrali mediche operative, verrà introdotta un’unica centrale per tutta la Romagna, dove risponderà personale non sanitario, il cosiddetto “operatore laico” il quale, non avendo le competenze necessarie, non potrà fornire una consulenza medica».
La visione dell’Ausl
L’Ausl ha però spiegato che l’operatore “laico” dovrà solo smistare la chiamata, non certo procedere al triage telefonico. Secondo l’azienda sanitaria la nuova riorganizzazione, che prevede la costituzione di un team composto da medico e infermiere, sarebbe maggiormente operativa sul territorio rispetto all’attuale assetto della guardia medica domiciliare le cui risorse sono utilizzate in maniera giudicata inefficiente. Si libererebbero inoltre professionisti per i Cau, i nuovi centri per le urgenze a bassa intensità che affiancherà i pronto soccorso. Una scelta, anche questa, fortemente contestata dalle guardie mediche.