«Ex Farmografica, 92 licenziamenti con la scusa dell’alluvione». La rabbia dei sindacati. I lavoratori dell’azienda di Cervia in agitazione. Spiragli per un possibile acquirente

Prima avrebbero utilizzato la Cassa integrazione, mentre gli operai rimettevano in sesto il capannone danneggiato dall’alluvione. Poi licenziato tutti, con 92 persone che ora rischiano di perdere il posto. Questo è il quadro dipinto dai sindacati e dalle istituzioni all’ex Farmografica di Cervia, storica azienda del territorio da alcuni anni in mano ad una multinazionale austriaca. Durissimo il commento delle parti sociali: «Una farsa inaccettabile, che deve essere fermata prima che dilaghi come modello di politica industriale», dicono i segretari territoriali di Slc Cgil e Uilcom Uil. La situazione è deflagrata dopo che Mayr-Melnhof, questo il nome della multinazionale, ha annunciato la chiusura dello stabilimento romagnolo. Un’azienda storica che realizza confezioni farmaceutiche e che è entrata nel portafoglio degli austriaci quando hanno rilevato la divisione “packaging” della britannica Essentra. I catastrofici eventi di maggio hanno pesantemente danneggiato i macchinari e fermato l’attività. Ma da allora, secondo la ricostruzione fatta da enti e sindacati, non sono stati fatti passi avanti concreti per una ripresa. Fino all’annuncio della chiusura. Come detto, alle rimostranze dei sindacati si aggiungono quelle della politica, con in testa il sindaco di Cervia Massimo Medri, l’assessora Michela Brunelli e il presidente della provincia Michele De Pascale. I tre firmano la nota insieme ai sindacati: «È l’unico caso in Romagna di realtà produttiva industriale ad aver annunciato la chiusura a seguito dell’alluvione».
Il “tira e molla“
«Per mesi – spiegano Saverio Monno della Cgil e Ryan Paganelli della Uil– hanno lesinato informazioni sulle prospettive d’impresa, millantando di “valutazioni in corso” sui necessari investimenti per una ripresa dell’attività produttiva che avrebbe dovuto avere luogo nella storica sede di viale Di Vittorio oppure in un nuovo stabilimento, di cui non si è mai avuto notizia, a pochi chilometri di distanza dall’attuale. Nel frattempo, non solo hanno sfruttato gli ammortizzatori sociali messi a disposizione dallo Stato e dai contribuenti italiani, ma hanno anche incassato rimborsi da un’assicurazione aziendale che ha garantito ristori a copertura dei danni subiti e del mancato fatturato».
Il benservito ai dipendenti
Secondo i sindacalisti, pur essendo innegabili i danni dell’alluvione, è anche vero che «si trattava di macchinari obsoleti, in alcuni casi vecchi anche di trent’anni, che l’azienda ben prima dell’alluvione si era pure impegnata a valutare di sostituire». Con l’alluvione, anziché un’accelerazione agli investimenti, c’è stata una battuta d’arresto. «E mentre a Vienna, probabilmente, già si pensava alla chiusura, a Cervia le lavoratrici e i lavoratori contribuivano a ripristinare l’agibilità dello stabilimento». Col capannone «tirato nuovamente a “lucido”, la produzione ferma e i dipendenti in cassa integrazione ordinaria, gli uffici amministrativi hanno continuato a mantenere viva l’attività aziendale cervese, ma di fatto è cominciata una fase di delocalizzazione presso altri stabilimenti del gruppo (in Polonia e Spagna) che da “provvisoria” è diventata definitiva».
Nessun confronto
Comune e Provincia lamentano che nonostante siano stati aperti i tavoli di crisi nelle sedi istituzionali, anche con l’interessamento della prefettura e della Regione, «la proprietà ha di fatto mostrato un sostanziale disinteresse». Così le istituzioni «hanno dovuto prendere atto dell’indifferenza della multinazionale ad ogni tentativo di dialogo». Gli austriaci «hanno continuato ad agitare dati e tabelle con tanto di previsioni pessimistiche per gli anni a venire». Negli ultimi giorni, poi, è arrivata quella che vien considerata una beffa: l’invio di un questionario ai dipendenti sul gradimento del management aziendale.
Il futuro
I lavoratori hanno proclamato lo stato di agitazione, mentre ormai si pensa al futuro. Quel che dicono enti e sindacati è che «lo stabilimento di Cervia non può chiudere. Faremo di tutto per scardinare i propositi di macelleria sociale di questi signori». Uno spiraglio sembra essere emerso: «L’interessamento, recentemente emerso al tavolo di crisi, in prefettura, da parte di un imprenditore locale per l’acquisizione dello stabilimento cervese, lascia sperare che si possano trovare soluzioni alla vertenza impensabili solo alcune settimane fa».